Le nuove misure. Parole e azioni del governo impediscono passi in avanti nella lotta
CB
La buona notizia è che non è inevitabile e ingovernabile: le stime più recenti, aggiornate al 2021, dicono che sta calando. La cattiva è che il nero in Italia resta su livelli patologici e le misure varate finora dal governo non promettono di migliorare le cose. L’ultima Relazione sull’evasione fiscale e contributiva lo calcola in 83,6 miliardi di euro, tre manovre finanziarie. Se l’iceberg del sommerso emergesse lo Stato incasserebbe 34 miliardi in più di Irpef, 18 miliardi aggiuntivi di Iva, altri 8,5 miliardi di Ires, 5 miliardi di Imu, 4,6 di Irap, 1,7 di accise, 240 milioni di imposte sugli affitti.
Il trend degli ultimi anni è positivo, se si pensa che nel 2016 il totale nascosto al fisco sfiorava i 108 miliardi e due anni prima aveva superato i 110. Ma il difficile viene adesso. Perché gran parte del miglioramento ottenuto dipende dal calo dell’evasione Iva, quasi dimezzata a 18 miliardi da oltre 35 grazie a fatturazione elettronica, split payment (il versamento dell’Iva da parte di Pa e società quotate direttamente all’erario senza passare per le casse dei fornitori), riforme previste dal Pnrr come l’obbligo di inviare ogni giorno alle Entrate gli importi delle transazioni elettroniche. Ora resta da affrontare lo zoccolo duro dell’omessa fatturazione negli scambi più piccoli, quelli che coinvolgono il consumatore finale, facile da ingolosire con uno sconto sulla cifra dovuta: una frode diffusa e complicata da intercettare. In parallelo andrebbero stanati gli autonomi e le partite Iva che continuano a non versare alle Entrate circa 30 miliardi di Irpef all’anno. Cifra che li mette per distacco in testa alla classifica della propensione a evadere, pur non tenendo conto dei redditi non dichiarati dagli 1,7 milioni che hanno optato per la flat tax.
Il rischio è che parole e azioni del governo Meloni impediscano di fare passi avanti. Gli ammiccamenti sul “pizzo di Stato” e le “libere donazioni” preferibili alle tasse, i condoni e molti tasselli della delega fiscale non aiutano. Il taglio delle sanzioni amministrative e le nuove cause di non punibilità penale rendono più conveniente non pagare. La riforma della riscossione non fa nulla per prevenire la formazione dei debiti e soprattutto non aumenta i poteri dell’amministrazione fiscale, che nonostante un piano di assunzioni resterà sotto organico. Il contrario di quel che servirebbe per convincere gli evasori a mettersi in regola nel timore di essere scoperti. Il concordato preventivo biennale, presentato dal viceministro Maurizio Leo come “arma fine di mondo” per convincere gli autonomi a dichiarare di più, smentendo i timori iniziali è stato costruito all’insegna del rigore, ma proprio per questo non pare destinato a raccogliere un en plein di adesioni.
Vero è che sottotraccia procede l’attuazione delle politiche messe in campo dagli esecutivi precedenti: massiccio utilizzo dei dati a disposizione dell’amministrazione fiscale per individuare, anche grazie all’intelligenza artificiale, i potenziali evasori. Ma siamo ai primi passi. E la percezione dei contribuenti conta molto. Se è noto che l’Agenzia delle Entrate non ha personale sufficiente per aumentare i controlli, la premier arriva a smentire l’esistenza di una norma inserita in manovra come quella sull’efficientamento dei pignoramenti (peraltro ancora in attesa del decreto attuativo) pur di rassicurare gli elettori e sul nuovo redditometro va in scena uno psicodramma non ancora sopito, il messaggio che passa è ancora una volta il liberi tutti.
Le conseguenze si vedranno sulle stime di evasione che verranno elaborate nei prossimi anni. L’attuale commissione ministeriale di esperti incaricata di prepararle scade a fine luglio: il Mef sta scegliendo i nuovi membri.
Per la presidenza si fa il nome dell’economista Nicola Rossi, ex parlamentare del Pd da cui uscì ai tempi di Bersani per approdare a Italia Futura di Luca Montezemolo e alla guida del think tank liberista Bruno Leoni. Nel 2017 ha proposto una flat tax del 25 per cento per tutti. Più di recente ha promosso la rottamazione delle cartelle come rimedio a un fisco “punitivo”.
