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Beppe Grillo se ne faccia una ragione. «Il destino del Movimento non è nelle sue mani», dice Giuseppe Conte, con l’aria di chi sottolinea un dato di fatto. Nuovo statuto alla mano, la definizione della linea politica non è nelle mani del fondatore e garante. Il quale, però, è bene ricordarlo, è anche il titolare del logo a 5 stelle. Sarà anche vero che non è più lui a dare le carte, ma quando parla fa sempre rumore. Conte finge di non aver accusato il colpo, minimizzando la «battuta» di Grillo dell’altro ieri sera, durante il suo spettacolo a Firenze. «Ha preso più voti Berlusconi da morto che Conte da vivo», la frecciata scagliata dal palco, una settimana dopo il tonfo elettorale dei 5 stelle alle Europee. E solo tre giorni dopo l’incontro tra i due in un albergo romano, definito «allegro e piacevole».
Fermandosi a parlare con i giornalisti, il presidente M5s conferma che «abbiamo scherzato, riso, lasciamogli liberamente fare le battute che ritiene – dice –. A quella su Berlusconi, preferisco quella su Draghi grillino, anche se più dannosa per la comunità del Movimento 5 stelle». Un riferimento velenoso alla fugace infatuazione di Grillo per l’ex presidente Bce. Un modo per mostrarsi pronto a rispondere per le rime ad altri eventuali attacchi. Perché è questo il dubbio che aleggia dentro al Movimento: che intenzioni ha Grillo? Ha fatto solo una battuta delle sue, «magari per fare pubblicità allo spettacolo», come ipotizza maliziosamente un parlamentare? Oppure ha deciso di riprendersi un pezzo di scena e si farà sentire più spesso, facendo il controcanto all’ex premier? Negli uffici di via di Campo Marzio, più che la battuta sulle elezioni hanno cerchiato un’altra frase del fondatore: «Non so con Conte come andrà a finire, deve capire che io sono essenziale». Suona come un avvertimento, forse una risposta a chi ha invocato un suo ritorno in campo, come l’ex ministro Danilo Toninelli o l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Non a caso Conte replica sul punto: «Di essenziale non c’è la singola persona. Di essenziale c’è la comunità che ormai è fatta da gente seria, matura, che deciderà del proprio destino». Una precisazione necessaria, anche per placare i malumori all’interno del gruppo parlamentare, dove molti non hanno gradito la sortita di Grillo. Come mal digeriscono la sua ferma contrarietà a superare il limite dei due mandati elettivi, vero nodo da sciogliere in vista dell’«assemblea costituente» prevista a settembre.
Il leader M5s sa di avere deputati e senatori dalla sua parte, come pure quelli della vecchia guardia rimasti a lavorare nel Movimento, da Roberto Fico a Paola Taverna, da Vito Crimi ad Alfonso Bonafede. Ma sa anche che c’è una parte (ormai minoritaria) degli iscritti al Movimento, ancora molto sensibile ai richiami di Grillo, come ai ragionamenti nostalgici di Raggi, contro le alleanze e sul profilo «né di destra né di sinistra». L’ex sindaca ormai si è ritagliata il ruolo di principale (forse unica) oppositrice interna e Conte la liquida così: «Che significa ritornare alle origini? Il contesto politico e sociale è mutato. Se non lo riesci a interpretare, sei fuori», avverte, ricordando che ormai il campo dei 5 stelle sia quello progressista e, «se qualcuno ha inclinazioni di destra, ne tragga le conseguenze». Parole durissime, che suscitano la reazione immediata di Raggi: «Mi sono impegnata in prima persona contro Casapound e Forza Nuova. Non ho fatto mancare critiche al governo con la Lega. Credo di meritare rispetto». nic.car. —
