Andrea Scanzi
Nella bella intervista realizzata da Luca De Carolis e uscita ieri sul Fatto, Giuseppe Conte ha analizzato il risultato disastroso del Movimento 5 Stelle alle Europee. Le sue parole suscitano alcune riflessioni.
“C’è un’aria (che manca l’aria)”. Così cantava Gaber. Era l’inizio degli anni Novanta e il Signor G si riferiva anzitutto al livello vomitevole dell’informazione italiana. Quelle parole valgono, forse ancora di più, oggi. E stanno a indicare come l’aria che tira, a prescindere dai protagonisti della quasi sempre orrenda politica italiana, privilegia allo stato attuale una certa forma mentis. La contemporaneità premia la destra, verrebbe da dire (non si sa per quanto) quasi ontologicamente. Potrebbe esserci anche Enrico Berlinguer (e proprio non c’è) e la maggioranza dei votanti (quei pochi che ancora lo fanno, intendo dire) continuerebbe comunque a preferire Meloni e Lollobrigida. In tempi di citrullaggine diffusa, chi incarna al meglio l’ignoranza parte per forza di cose avvantaggiato.
“Quindi Conte non ha colpe?”. Certo che le ha. E più ancora le ha il M5S. Dire che il mondo va quasi ovunque a destra non assolve certo chi si oppone a quella destra. I 5Stelle sono anzitutto un movimento di opinione e di rottura. Più invecchiano e più perdono quell’elemento di novità che è per loro fondamentale. Il Pd si salverà sempre anzitutto grazie agli elettori “fedeli alla linea” e ai cacicchi; i 5Stelle, no. Non sono più nuovi, non sono più attrattivi, hanno governato con tutti (tranne Meloni), non sono radicati nei territori e non hanno praticamente classe dirigente. In più, alle Europee, non hanno mai toccato palla. Auguri.
“Sì, ma Conte?”. Fa bene a fare autocritica e a mettere la sua testa sul piatto, rendendosi disponibile alle dimissioni. È però il primo a sapere che non è certo il primo responsabile della sconfitta. Ovvio che la responsabilità cada anzitutto su di lui, ma se non ci fosse Conte i 5Stelle starebbero al 3%. Così come, senza Conte, nel 2022 il M5S avrebbe preso meno voti di Renzi (andando quindi contro qualsiasi legge della matematica e della logica). Conte ha accentrato troppo e ha partorito una lista di candidati (a parte Antoci e pochissimi altri) attrattiva come un unplugged di Povia in una discarica, ma resta l’ultima carta in mano a un movimento così umbratile da potersi perfino risvegliare (in ottima forma) alle elezioni del 2027. Chi li dà per morti è lo stesso giuggiolone che li aveva dati per defunti nel 2014 e 2019: gente che di politica capisce come la Bonino di alleanze.
“Quindi che si fa?”. I 5Stelle devono chiedere scusa per le tante sciocchezze fatte (su tutti l’appoggio idiota a Draghi, voluto anzitutto da Grillo e dimaiani). Poi però basta coi crucifige: non servono a nulla e mettono sonno. I 5Stelle volano nei consensi quando rimangono a tutti sui coglioni e allo stato attuale non sono né carne né pesce: risultano più noiosi e prevedibili che urticanti, e questo proprio non possono permetterselo.
“Qual è la road map da perseguire?”. Fare opposizione pura (i “casi Donno” sono manna dal cielo). Non mollare di un centimetro sulla questione morale. Porre deroghe al doppio mandato (che idiozia essersi privati dei Bonafede!). Allargare la classe dirigente alla società civile (che non vuol dire partorire quegli spot elettorali orripilanti giocando a calcio con la Morace, ma pescare per esempio altri Scarpinato). Operare per edificare quel “campo largo alla sarda”, unica alternativa (a medio/lungo termine) alla Meloni. Non inseguire il politicamente corretto, che è per loro kryptonite pura. Dare ancora più spazio alle Appendino & Ricciardi. E – una volta per tutte – far capire al mondo se ce l’ha più lungo (uh!) Conte o Grillo. Il secondo resta il più grande satirico vivente italiano, ma quanto a leadership politica non paiono (almeno dal 2019 in poi) esserci dubbi su chi dei due sia il più lucido.
Scanzi, fai sorridere di un sorriso amaro e leggendoti ci si dovrebbe premunire di un caleidoscopio che a batacchi cambia le configurazioni simmetriche e cromatiche.
Anche tu un fervente delle buone prassi, discese agli inferi con la guerra in ukraina o meglio con la fine, il termine, della guerra fredda in un risultato ad un passo dalla soluzione finale. Se non si comprende che la politica internazionale, di tal questione , è in grado di comprimere , creare deroghe e scale di priorità alla politica interna di un paese come l’Italia nostra, qualsiasi proclama resta nel vano dell’ipotesi o di un’ipoteca in là da togliere con molta fatica per le esangui missioni a cui il governo ha dedicato forse l’80% dei suoi emendamenti e preoccupazioni principi da un anno e mezzo a questa parte, insieme alla proposta pacchetto del premierato che sembrerebbe un regalo dopo strette di cinghia allo stato civile e sociale. Siamo in piena rotta anticostituzionale con un governo legittimamente nato dalla volontà popolare ed è forse, quest’ultimo passaggio, la chiave di una volta/svolta simbolica nel circo delle strade e nei meandri dei collocamenti, dei favoritismi e rastrellamento di denaro pubblico in un’ottica non meritocratica ma raccomandabile che ormai ha solcato le decadi.
Fare i conti con il Tempo non è solo questione di esercizio stilistico ma di acquisire uno strumento (si acquista tempo!) Che nella parodia della realtà americana in salsa italiana , permette di decodificare parti, altrimenti imperscrutabili, doppiate in realtà ma anche ammesse come dimezzate se non decimate da coloro che guardano la TV come semplici e passivi spettatori e consumatori di odience ( milioni, = 10 alla sesta, numeri che in verticale portano già oltre la luna) .
Il consumo di prodotti e l’aquisto del Tempo , sono i denominatori del famoso 99,9/27, che tende al Pi greco e chiude la erogazione delle mensilità, ricordi la canzone del professore di de Andrè?
I parametri diagnostici del mercato sono diversi e non vengono detti, anche dal movimento cinque pernacchie che aveva vinto al grido battagliero di Onestà onestà; cioè ci sono le dinamiche di fondo di questo stato che ammettono solo sigilli e segreti, il resto è venuto da solo per una nuova forma di intransigenza instabilità sociale nata da una paura, soggettiva, oggettiva costruita percepita , come credi, ma sentita, paure varie indistinte che hanno premiato la sicurezza e tutto il mondo commerciale di contorno.
Credo, credo, spendo parole per creare un vano di pace, anche per me, che nonostante mille e quattrocento paure non ha ceduto al voto di destra, ma neanche ho premiato la sinistra, ma qui siamo in tutt’altro dirigibile.
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