Tagli alle liste d’attesa Rimborsi per le visite effettuate nel privato

Paolo Russo
Roma
Giorgia Meloni a Schillaci lo ha detto a chiare lettere: «sull’abbattimento delle liste di attesa ci giochiamo un bel pezzo di consenso elettorale, per cui nel decreto legge del 3 giugno serve una disposizione chiara, che garantisca sempre e comunque la prestazione nei tempi dovuti». Detto fatto ed ecco spuntare nelle 25 pagine della bozza il rimborso “salta fila”, che consentirà al cittadino di ottenere automaticamente dal privato quello che il pubblico non riesce ad assicurargli nei tempi massimi previsti per legge. Che sono poi 72 ore per i casi urgenti, 10 giorni per le prestazioni da garantire in tempi brevi, 30 giorni per le visite e 60 per gli accertamenti diagnostici differibili, 120 giorni per quelle differibili. Tempi spesso non rispettati, costringendo i cittadini a pagare così tasca propria il privato, nonostante un decreto legislativo del lontano 1998 avesse stabilito che in caso di mancato rispetto dei tempi massimi di attesa l’assistito “può chiedere” che la prestazione venga fornita dalla Asl in regime di libera professione intramuraria. Una norma rimasta inapplicata perché mai pubblicizzata e per il muro alzato dalla stesse Asl, che non forniscono né moduli né informazioni su come ottenere il rimborso. Ora il decreto legge stabilirà invece il principio che qualora i tempi di attesa sforino le soglie in automatico l’assistito possa accedere al privato convenzionato, ma in regime di libera professione. Come avverrà il rimborso di medici e strutture private lo stabilirà un successivo decreto ministeriale. Ma potrebbe essere il Cup, che appurata l’impossibilità di prenotare la prestazione nei tempi leciti, indirizza direttamente il paziente presso l’ambulatorio medico privato dell’ospedale oppure, nel caso di analisi e accertamenti diagnostici, in strutture private convenzionate, ma negli spazi riservati a chi è solvente e per questo non fa la fila. 
«Nel decreto cercheremo di garantire che quando una persona ha bisogno di fare un esame le venga data la possibilità di farlo nei tempi giusti», ha sintetizzato ieri Schillaci al Festival di Trento. 
Certo è che l’operazione rischia di far lievitare non di poco la spesa, perché un conto è la tariffa low cost di una tac o di una risonanza rimborsata dalle regioni, un’altra quella richiesta al cittadino che ottiene la prestazione in modalità solvente. Ma i tecnici del ministero della Salute sono convinti che il ristoro “automatico” spingerà le Asl a darsi una mossa nel tagliare i tempi di attesa, che a parere degli uomini di Schillaci dipendono più da cattiva organizzazione e programmazione che non da carenza di risorse. Anche se stabilito il nuovo percorso salta-fila il decreto metterà sul piatto più soldi, sia per il privato convenzionato, aumentando di nuovo il tetto di spesa dopo i 360 milioni in più previsti in manovra, mentre i medici e gli atri operatori sanitari vedranno aumentare la tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive erogate per abbattere le liste di attesa. Tariffe che erano già state portate dalla Finanziaria 2024 a 100 euro per i medici e 60 per tecnici sanitari e infermieri. 
Il Piano Schillaci anti liste di attesa però non si ferma qui. Prima di tutto verrà avviato un monitoraggio per capire la reale dimensione del fenomeno, visto che fino ad oggi a rilevarlo sono state solo inchieste giornalistiche e segnalazioni degli utenti. Poi verranno unificate tanto le agende del pubblico che quelle del privato, impedendo a quest’ultimo di gestire in proprio parte degli appuntamenti. Così come sarà tassativamente vietato chiudere le agende rinviando sine die l’appuntamento. Attenzione anche a non prenotare e non presentarsi, perché il Cup chiamerà due giorni prima la data prefissata per chiedere conferma e nel caso poi non ci si presenti la Asl chiederà il rimborso integrale della prestazione. 
Ma il ministro e i suoi tecnici sono convinti che ad alimentare le liste di attesa ci sia anche un certo eccesso di prescrizioni. Magari elargite dai medici per proteggersi da qualche futura causa temeraria. Così grazie a specifici motori di ricerca e a un codice identificativo della ricetta (l’ICD9) spetterà all’Agenas scovare i dottori dalla penna un po’ troppo scorrevole, lanciando l’allert alla Regione. Una previsione che già fa storcere il naso ai camici bianchi. —