La lunga attesa della politica ligure «Adesso cosa farà il governatore?»


Il retroscena /2 
Mario De Fazio / Genova
«E ora che succede?». La grande attesa si condensa nella ricorrente domanda che aleggia in queste ore, restando inevasa, sulla politica ligure. Cosa accadrà ora, dopo l’interrogatorio fiume del presidente della Regione, Giovanni Toti, passaggio cruciale per i destini di centrodestra e centrosinistra, spartiacque di una fase concitata in cui, per dirla con Gramsci, sembra davvero che il vecchio mondo stia morendo e quello nuovo tardi a comparire? 
Il provvisorio elevato a sospensione e galleggiamento è la cifra caratteristica di giorni in cui tutto ruota intorno alle prossime mosse del governatore. Nel centrodestra, innanzitutto, le prossime evoluzioni dell’inchiesta giudiziaria che da oltre due settimane scuote la Liguria sono considerate dirimenti. «Non si dimetterà subito, anche se quella strada ormai sembra tracciata…» si lascia sfuggire un esponente di primo piano dei partiti di maggioranza. Se si resta alle dichiarazioni ufficiali, però, nel giorno dell’interrogatorio prevalgono attendismo e prudenza. In Fratelli d’Italia si resta ancorati allo scoglio rappresentato dalle parole della leader, Giorgia Meloni. La premier, nell’unico intervento dedicato finora al caso Liguria, dieci giorni fa s’era limitata a indicare l’interrogatorio come il momento in cui «attendere le parole di Toti». Il coordinatore regionale dei meloniani, Matteo Rosso, conferma la linea attendista. «Siamo tutti in attesa di conoscere come risponderà il presidente, convinti che lo farà nel migliore dei modi per poter continuare con serenità», spiega il deputato genovese di FdI. 
Non ci si sbilancia neanche in Forza Italia: il coordinatore regionale azzurro, Carlo Bagnasco, a metà pomeriggio mostra cautela. «Attendiamo che il presidente finisca l’interrogatorio e che ci sia qualche dichiarazione ufficiale…» commenta il sindaco di Rapallo. In casa Lega, invece, ieri ha prevalso la volontà di concentrarsi sull’appuntamento di oggi a Palazzo San Giorgio dedicato alla nuova Diga, che vedrà schierarsi l’intero establishment del Carroccio, a cominciare dal leader Matteo Salvini e dal suo vice al ministero dei Trasporti, Edoardo Rixi. Al di là delle cautele di rito, però, in casa centrodestra da giorni si ragiona sulla potenziale road map. «Fino alle europee i partiti non chiederanno un passo indietro a Toti. Dopo vedremo…» ragiona chi a Roma ha percepito la freddezza con cui è stato difeso il presidente ligure nelle segreterie nazionali dei partiti. 
Se il centrodestra attende, anche nell’altra metà del cielo politico ligure le prossime scelte di Toti sono giudicate decisive per impostare strategie e contromosse. Il fattore tempo è fondamentale: se il governatore dovesse dimettersi, e si votasse in autunno, il Pd dovrebbe naturalmente accelerare il lavoro di sintesi che sarà chiamato a fare per costruire un’alleanza, un programma e una candidatura capaci di offrire un’alternativa politica ai liguri. E i pochi mesi che mancherebbero alle urne faciliterebbero alleanze più ampie, “emergenziali”, influenzando anche il dibattito sui nomi. Se invece la mag gioranza in Regione dovesse reggere – e quindi i tempi dilatarsi – il quadro potrebbe mutare. «Questa attesa è un dispetto nei confronti della Liguria, ci sono un milione e mezzo di cittadini appesi alle decisioni di pochissimi – tuona il segretario regionale del Pd, Davide Natale – Serve chiarezza a prescindere da come sia andato l’interrogatorio, c’è una regione che attende di capire il suo futuro». È tutta qui, la lunga attesa della politica ligure. —