Provincia, per Colangelo 17 capi d’accusa

SILVIA CAMPESE
SAVONA
Sarebbero quasi venti (diciassette per la precisione) i capi d’imputazione da cui l’ex dirigente della Provincia, Giulia Colangelo, dovrà difendersi nell’ambito dell’inchiesta per “assunzioni facili” che ha travolto Palazzo Nervi. 
Alla vigilia della chiusura indagini, che potrebbe essere comunicata dalla Procura di Savona nel giro di un paio di settimane, emergono le prime indiscrezioni sulla complessa vicenda che ha coinvolto politici e dirigenti di Palazzo Nervi e di alcuni Comuni savonesi.
Due i filoni principali dell’inchiesta, coordinata dai pubblici ministeri Maddalena Sala e Claudio Martini: la gestione dei concorsi per le assunzioni e i presunti maltrattamenti sul personale. Secondo quanto emerso, Colangelo, revocata dall’incarico in modo definitivo con procedimento ministeriale (che potrà essere impugnato), sarebbe la figura di riferimento intorno a cui si snoda l’indagine.
Per lei, oltre alle contestazioni legate alla gestione dei concorsi (dalle intercettazioni emergerebbe la dettatura dei temi e delle domande poi proposte in sede di concorso), ci sarebbe anche il filone dei presunti maltrattamenti ai dipendenti. L’ex numero uno di Palazzo Nervi, che ha di recente nominato l’avvocato Giulia Bongiorno per la propria difesa, si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere: sia davanti al gip Alessia Ceccardi sia davanti ai pubblici ministeri Sala e Martini.
Oltre a lei sono sette gli iscritti nel registro degli indagati, coordinate dal capo della squadra mobile Vito Innamorato. Si tratta del sindaco Maurizio Garbarini e dell’assessore Sara Brizzo del Comune di Albisola Superiore (dove Colangelo era segretario comunale a scavalco). Di Maurizio Novaro, ex dirigente del settore legale, oggi reintegrato in Provincia con un ruolo differente. Ancora, le dirigenti dell’ente provinciale Laura Pomidoro e Jessica Rebagliati. Secondo indiscrezioni, il rinvio a giudizio non coinvolgerebbe soltanto una delle sette persone indagate. Per le altre le prove sarebbero significative, tanto da andare a processo. 
Fondamentali sarebbero non solo le intercettazioni telefoniche, ma quelle ambientali. In particolare, nell’ordinanza di quasi cento pagine si legge che da parte di Garbarini e Brizzo emergerebbe un atteggiamento di «intromissione e oppressione, documentata da intercettazioni audio e da video ambientali, sulla commissione d’esame in cui erano presenti Colangelo, Novaro e Pomidoro. L’obiettivo sarebbe stato quello di modificare la graduatoria del concorso per l’assunzione di un istruttore amministrativo, in modo da far vincere la parente di un politico».
Nel dettaglio, la concorrente in questione, come evidenziato dalle intercettazioni ambientali, sarebbe stata spostata dal terzo al primo posto della graduatoria: aggiudicandosi, così, l’assunzione. Molte delle persone agevolate avrebbero confermato di avere ricevuto le domande e i testi dei quesiti. 
Cruciale il ruolo di Colangelo, coadiuvata da Novaro. Come riportato nella disposizione del provvedimento dal giudice delle indagini preliminari Ceccardi, venivano agevolati i concorrenti attraverso svariate forme di aiuto. 
Il tutto in una commistione molto stretta con la politica: «I giusti appoggi politici di cui l’indagata ha goduto, le hanno consentito, tradendo il proprio mandato istituzionale, di atteggiarsi rispetto al pubblico ufficio non come un pubblico ufficiale, bensì come una padrona ambiziosa del proprio salotto», si legge nelle pagine del gip. Rispetto al filone dei maltrattamenti sui dipendenti di Palazzo Nervi, l’unica indagata è Giulia Colangelo. —