
Rai, lite sulla par condicio Conte attacca: «Uno scempio»
il caso
Serena Riformato / roma
«Uno scempio della libertà di informazione». Il leader del M5s Giuseppe Conte alza la voce contro gli emendamenti del centrodestra sulla par condicio al voto oggi in Vigilanza Rai.
«Faremo di tutto, dentro e fuori la commissione, per impedire al governo e alla maggioranza» di portare avanti «questo atto di insensibile arroganza», annuncia l’ex premier. Gli occhi delle opposizioni – ricongiunte per qualche ora in una nota che definisce le modifiche «irricevibili» – si sono quindi rivolti alla presidente della Commissione Vigilanza Rai Barbara Floridia, relatrice del provvedimento: la speranza del centrosinistra è che a fermare le nuove regole sia, ancor prima del voto, un giudizio di inammissibilità che escluderebbe i testi dall’esame. La senatrice Cinquestelle respinge le pressioni: «Se all’esito di una verifica fatta con gli uffici competenti ci saranno emendamenti da dichiarare inammissibili, questo avverrà solo sulla base di valutazioni tecniche e giuridiche», dice Floridia. «Non potrebbe essere diversamente». Lo schema messo a punto dalla presidente ricalcava più fedelmente la delibera Agcom pensata per le tv private senza eccezioni per «le funzioni istituzionali» dei ministri: «La mia bozza – precisa – parla chiaro rispetto alla direzione che a mio avviso sarebbe la più corretta». A bloccare la nuova par condicio a misura di governo sembrava potesse essere l’unico partito del centrodestra che se n’è tenuto fuori, Forza Italia. Dietro la contrarietà del partito di Antonio Tajani, secondo la lettura maliziosa che circola nei corridoi Rai, c’è una ragione impronunciabile in pubblico: gli azzurri temono di uscirne svantaggiati tanto quanto le opposizioni, a causa di una squadra di ministri poco spendibile mediaticamente. Meno pesanti le materie, al netto degli Esteri di Tajani, rispetto a Lega e FdI. Assenti e poco contesi dai salotti televisivi ministri come Bernini, Zangrillo e Pichetto Fratin. Il capogruppo forzista al Senato Maurizio Gasparri la mette su un altro piano: «Non dobbiamo prendere decisioni che comprimano gli spazi della maggioranza, anche perché gli spazi per il governo ci sono sempre stati». Oggi, entro il voto delle 20, i distinguo dovrebbero comunque ricomporsi, probabilmente dopo una riformulazione che specifichi più nel dettaglio cosa considerare «inerente alle attività istituzionali». Ostentano ottimismo gli altri partiti del centrodestra: «Mi risulta che ci sarà un voto compatto di tutta la maggioranza», garantisce il deputato di FdI Raffaele Speranzon. Giorgio Maria Bergesio, capogruppo della Lega in Vigilanza e fra i firmatari degli emendamenti contestati, accusa le opposizioni di «fare disinformazione»: «L’Agcom ha sempre distinto la comunicazione politica da quella dei partiti». Sul punto insiste anche Maurizio Lupi di NcI: «Quando nel 2019 Conte governava e c’erano le Europee, le modifiche proposte dalla maggioranza erano le stesse di oggi». —
