Misiani presenta il nuovo regolamento. Picierno: “Il codice lo abbiamo dal 2008”

Luca de Carolis

Chi rompe talvolta paga, ma vai a capire di chi sono i cocci. Perché è vero, a far detonare il già dissestato campo progressista con il no alle primarie di Bari è stato Giuseppe Conte. Ma nel lunedì della furia dem contro il leader dei Cinque Stelle, molti attaccano lui per colpire lei, cioè Elly Schlein, rea di inseguire dal primo giorno un accordo strutturale con il Movimento, ma anche – magari soprattutto – di voler fare le liste per le Europee innanzitutto a modo suo. Problema nel problema per Schlein, che per tenere nella tempesta si aggrappa anche a un nuovo codice etico, anzi a un nuovo “regolamento di trasparenza” per i candidati dem: la via per parare e prevenire i colpi sugli scandali che piovono da Bari come da Torino, e per non farsi scavalcare a sinistra da Conte. Perché in vista del voto per Bruxelles i fu giallorosa si accapigliano pure sulla questione morale, non bastassero la guerra in Ucraina, la Rai – ma sulla par condicio c’è convergenza – e la competizione sul salario minimo. Ma alla fine non è una novità, perché un riferimento del M5S originario era Enrico Berlinguer, cioè il padre della questione morale, che Gianroberto Casaleggio citò dal palco di San Giovanni dieci anni fa.
Così non può stupire che un veterano del Movimento sorrida: “Il codice etico del Pd? Ora manca solo che votino anche loro i candidati su internet…”. Come a dire che i dem inseguono i grillini, che di codice etici ne ha messi in fila diversi (l’ultima versione è del 2023). Quello di cui ha parlato Schlein l’ha preparato il commissario del Pd campano, il senatore Antonio Misiani, che ieri l’ha definito regolamento per la trasparenza. “Un testo che mettiamo a disposizione di tutti gli articolazioni territoriali” spiega Misiani, dove i candidati si impegnano a denunciare “eventuali fenomeni di condizionamento del voto, di voto di scambio e di intimidazioni, corruzione e concussione”. Ma la campana Pina Picierno, eurodeputata uscente dem , sbotta: “Segnalo che il codice etico del Pd esiste dal 2008, la questione non sono le cartuscelle da presentare, altrimenti saremmo immuni da malcostume e infiltrazioni. La buona politica non accade per decreto”. È vero, un codice esiste. Ma è più vago (all’articolo 2 i candidati si impegnano a rifiutare “logiche di scambio”). E comunque il punto è che il Pd dell’area Bonaccini colpisce in batteria. Così il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, si arrabbia per quanto detto da Conte al Fatto ieri: “Ingiungendo a Schlein di ‘trasformare il Pd’- pena ‘lasciarsi trasformare dal vecchio Pd’ – mi fa davvero arrabbiare. Come si permette? Un partito con spina dorsale non dovrebbe consentirlo”. Poi c’è Debora Serracchiani: “Non abbiamo bisogno che qualcuno venga a darci la linea e a dettare condizioni”. Ovviamente parla anche Bonaccini: “Non vorrei che ogni pretesto fosse utile a dividerci”. Ma perfino Pier Luigi Bersani è ironico: “A chi chiede a Schlein se vuole confermare il vecchio Pd si potrebbe domandare se Conte vuole rifare il partito del vaffa o dello streaming con Bersani del 2013, che sono sempre pronto a commentare”. Il leader del M5S invece non ci mette la gamba. Ma in un incontro a Salerno con gli studenti ribadisce: “Servono paletti forti e insormontabili sulla legalità, sono battaglie su cui non molleremo”.
Conte ostenta la bandiera della diversità a 5Stelle, e siamo quasi a quello slogan, a “onestà, onestà”. Ma del codice Pd, che ne pensa? L’avvocato evita commenti. “Meglio non esagerare – dice un big del M5S – anche perché dobbiamo gestire le amministrative, in Emilia Romagna siamo alleati quasi ovunque…”. E Bari? “Chissà se ci faranno votare, c’è l’ipotesi di slittamento prima del commissariamento del Comune” ammette a a Un giorno da pecora Michele Laforgia, il candidato appoggiato da M5S e Sinistra italiana. L’altro, Vito Leccese, lamenta a L’aria che tira: “Io sono per una soluzione unitaria – cioè a ritirarsi assieme a Laforgia in favore di un terzo nome, ndr – ma non vedo segnali positivi”. Merce rara, di questi tempi.