niccolò carratelli
roma
Doveva essere la prima volta, quella che non si scorda mai. Il debutto assoluto delle primarie “giallorosse” per scegliere il candidato sindaco di Bari del Pd e del Movimento 5 stelle. Dopo una faticosa trattativa si erano messi d’accordo: due sfidanti, i cittadini votano, chi vince rappresenta tutti alle elezioni comunali di inizio giugno. E invece no. A tre giorni dalla consultazione l’accordo salta e tra Elly Schlein e Giuseppe Conte volano gli stracci.
Il presidente M5s non fa in tempo ad atterrare a Bari, per partecipare a un comizio a sostegno del suo candidato, il collega avvocato Michele Laforgia, e ribalta il tavolo: «Alla prima inchiesta giudiziaria se ne aggiunge una seconda, in cui è coinvolto il voto di scambio, l’inquinamento del voto, cosa che noi stiamo denunciando da tempo – spiega –. Per il Movimento non ci sono le condizioni per svolgere seriamente le primarie». Fine dei giochi. Forse l’ex premier non aspettava altro, visto che i 5 stelle sono tutt’altro che appassionati allo strumento, tradizionalmente usato dal Pd, e lo avevano accettato turandosi il naso e contestandone lo scarso livello di trasparenza: chiedevano un preregistrazione online dei votanti, da chiudersi un giorno prima, ma i dem avevano rifiutato per favorire una più ampia partecipazione.
Resta il fatto che quella di Conte viene percepita come una mossa a tradimento, visto che per tutto il giorno, dopo la notizia dell’inchiesta che riguarda un’assessora regionale del Pd, Schlein lo cerca più volte al telefono per confrontarsi su come andare avanti insieme. Il leader M5s non risponde mai, poi in serata richiama la segretaria dem da Bari, pochi minuti prima di presentarsi davanti alle telecamere, solo per avvisarla di quello che sta per annunciare. Dal Nazareno fanno filtrare una reazione furibonda: «La scelta di Conte di uscire dalle primarie è incomprensibile. Se il Movimento 5 stelle pensa di vincere da solo contro la destra proceda pure – attaccano –. Ma abbia rispetto per la città di Bari, per gli elettori di centrosinistra e non pensi di dare lezioni di moralità a nessuno». Tra l’altro, le stesse fonti tengono a ricordare come i 5 stelle facciano parte della maggioranza che sostiene la giunta regionale di Michele Emiliano, quindi «non sono titolati a gridare allo scandalo».
In un attimo, però, come nel gioco dell’oca, il fronte progressista sembra arretrare di dieci caselle. La strategia «testardamente unitaria» della leader Pd viene picconata da quello che dovrebbe essere il suo principale alleato. Poche ore prima, Schlein ha provato a rassicurarlo, marcando la sua distanza dal sistema di corruzione elettorale ricostruito dai magistrati baresi: «La vicenda di Triggiano, se le accuse saranno confermate, è gravissima. La linea del Pd è molto chiara: non accettiamo voti sporchi. Non tolleriamo voti comprati – assicura la segretaria –. Chi pensa che la politica sia un taxi per assecondare ambizioni personali, senza farsi alcuno scrupolo, non può trovare alcuno spazio nel partito che stiamo ricostruendo, qui deve trovare porte chiuse e sigillate». Una nota affidata alle agenzie, in cui la parola chiave è «ricostruendo», che dà il senso del nuovo corso da lei avviato, per cui evidentemente un anno di lavoro non è sufficiente.
Ma quando legge queste dichiarazioni, Conte ha già deciso di rompere, ha già sentito lo stesso Laforgia per concordare una linea. Non ci hanno messo molto: «Chiediamo di sospendere le primarie, non ci sono le condizioni per farle, né per fare passi indietro – dice il penalista – io posso solo fare altri passi in avanti, oggi sono più candidato di ieri». Insomma, l’auspicio è che «le altre forze politiche convergano su Laforgia», scandisce Conte. Pura utopia, perché in realtà si torna indietro di un mese e mezzo, allo scenario di una battaglia fratricida interna al centrosinistra. Anche chi si è a lungo adoperato per presentarsi uniti alle elezioni, come il pugliese Francesco Boccia, ora non fa sconti: «Chi diserta le primarie sbaglia, perché calpesta la grande voglia di partecipazione del popolo e, dividendo la coalizione, aiuta la destra – avverte il capogruppo dem al Senato –. Il Pd è ufficialmente in campagna elettorale per il sindaco Vito Leccese, non riteniamo di dover più accettare ritardi e incomprensibili stop a poche ore dalle primarie. Ci vediamo alle urne e decideranno i baresi qual è la città che vogliono».
Ognuno per la sua strada, quindi, e primarie “giallorosse” ormai archiviate, forse per sempre. Tanto che la stessa presenza di Schlein oggi pomeriggio a Bari è in forte dubbio. La segretaria dovrebbe intervenire a un comizio a sostegno di Leccese, capo di gabinetto e delfino del sindaco uscente Antonio Decaro, atteso anche lui sul palco insieme al presidente della Puglia Michele Emiliano. Ma, vista la situazione che si è venuta a creare, la discesa a Bari con annessa foto di gruppo dovrebbe essere rimandata. —