niccolò carratelli
roma
Se Elly Schlein deve gestire l’abbondanza di candidati da sistemare in testa alle liste per le elezioni europee, Giuseppe Conte ha il problema opposto: trovare almeno un capolista di richiamo in ciascuna delle cinque circoscrizioni. Al momento, il presidente 5 stelle ha piazzato due colpi.
Il primo, tutt’altro che a sorpresa, al Sud con Pasquale Tridico, già presidente dell’Inps in quota M5s e ora coordinatore della scuola di formazione politica del Movimento.
Il secondo, dieci giorni fa, nelle Isole con la presentazione di Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi e solido profilo antimafia: ad oggi, unico vero esterno di peso inserito in squadra. Non è un caso, poi, che le prime due caselle siano state riempite nei territori dove tradizionalmente i 5 stelle fanno registrare i risultati elettorali migliori, cioè nel Mezzogiorno e nelle due isole maggiori. Salendo verso Roma, e poi ancora più su a nord, il discorso complica.
Come capolista nella circoscrizione Centro, Conte aveva pensato a Marco Tarquinio, ma il corteggiamento non è andato a buon fine, perché l’ex direttore di Avvenire è pronto ad accettare la proposta del Pd. Nonostante per le sue posizioni sulla guerra in Ucraina e sullo stop all’invio di armi a Kiev sia oggettivamente più in sintonia con il Movimento. Tanto che con l’ex premier pare fossero già in parola, prima che Tarquinio venisse folgorato sulla via del Nazareno. Uno smacco ancora non del tutto digerito. Un altro nome sondato senza successo è quello della sociologa Chiara Saraceno per il Nord-Ovest: la professoressa si è fatta coinvolgere da Tridico come relatrice in un modulo della scuola di formazione politica, ma non sembra intenzionata ad andare oltre. Dunque, mentre la segretaria del Pd è sommersa di richieste o rivendicazioni e si ritrova con troppi aspiranti capilista, il leader M5s ha incassato diversi «no, grazie» e sta ancora lavorando per rinforzare la squadra in vista della campagna europea.
D’altra parte, se Schlein nel comporre le liste deve passare dagli organi dirigenti del partito, consultarsi e ascoltare, Conte gestisce il dossier in perfetta solitudine e autonomia. Nemmeno i suoi più stretti collaboratori hanno informazioni precise su quali nomi e profili stia ragionando, né su chi abbia realmente contattato.
A via di Campo Marzio c’è, però, la consapevolezza che, senza il nome del presidente in lista, servirebbe qualche “volto” in più per essere competitivi nella caccia alle preferenze. Perché è vero che i sondaggi danno il Movimento intorno al 16%, in linea con le Politiche del 2022, ma è altrettanto vero che, nelle passate tornate europee (2014 e 2019) è sempre andato molto peggio rispetto al voto precedente per il Parlamento italiano. Per capirci, l’ultima volta ha perso per strada metà dei voti: dai 10 milioni e mezzo del 2018 (33%) ai 5 milioni scarsi del 2019 (17%). La mobilitazione degli elettori pentastellati, quando si parla di Europa, è inferiore. Quindi, l’asticella reale di Conte è più bassa di quella che gli attribuiscono i sondaggisti.
L’ex premier, a domanda diretta, risponde sempre che «in base ai nostri principi, non apriamo a candidature di comodo, che servono solo per attrarre voti. Gli innesti dalla società civile – spiega – nascono da progetti politici ben precisi».
Insomma, non servono nomi altisonanti per obiettivi ambiziosi. Al punto che, al momento, le capolista più quotate nel Nord-Ovest e nel Nord-Est sono due eurodeputate uscenti, già scelte come capolista da Luigi Di Maio nel 2019: Maria Angela Danzì e Sabrina Pignedoli. La prima, tra l’altro, nonostante la posizione di pregio non era stata subito eletta, perché superata nelle preferenze da altre due candidate donne, Tiziana Beghin ed Eleonora Evi, che poi le ha lasciato il posto due anni fa, una volta eletta alla Camera. Danzì e Pignedoli, del resto, sono le uniche due ricandidabili, insieme a Mario Furore, dell’ormai esigua delegazione M5s a Bruxelles. Dei 14 eletti nel 2019 sono rimasti in 5 e le altre due superstiti, la stessa Beghin e Laura Ferrara, stanno finendo il secondo mandato e, quindi, per le regole del Movimento sono fuori dai giochi.
Proprio nel limite dei due mandati va ricercata la ragione inconfessabile di alcune defezioni tra gli europarlamentari e, allo stesso tempo, il perché per i 5 stelle ci sia sempre la sensazione di ricominciare da capo a costruire la propria classe dirigente. A proposito, stasera scadono i termini per la presentazione online delle autocandidature degli iscritti: altri perfetti sconosciuti o quasi, che andranno a riempire le liste, sognando un seggio a Strasburgo. —