Come rilanciare la SANITA’ PUBBLICA.Raccolta di L.C.

Giandomenico Crapis

Un paziente va dal medico per fargli vedere una risonanza cerebrale fatta per sospetti problemi circolatori, poi riferisce che ha anche male al polso. Quando sta per andare via dall’ambulatorio dice al medico “ma per il polso?”; “le ho fatto la ricetta, non ricorda?” risponde il medico, come a dirgli che forse è un po’ rinco: la ricetta è quella per l’ortopedico. Il paziente però rimane perplesso: aveva fatto la domanda perché avrebbe voluto che il medico lo visitasse o gli dicesse qualcosa, però lascia che il medico pensi che sia un po’ svanito, non lo contraddice e se ne va. Al Cup gli dicono che la visita si potrà fare non prima di un paio di mesi: gli specialisti sono pochi e quelli che ci sono lavorano part-time, perché impegnati in cliniche private. Il paziente allora prenota una visita a pagamento in una di queste cliniche, dove c’è lo stesso specialista che l’avrebbe potuto visitare nella struttura pubblica. Se è fortunato la clinica è convenzionata e risparmia: nel primo caso ci rimette il paziente, nel secondo l’azienda pubblica. Il cerchio così si chiude.
La sanità pubblica è in crisi per una serie di ragioni: a) il medico di base che spesso rinuncia al suo ruolo: il superlavoro, gli obblighi burocratici, certo, ma se un medico che va a casa del paziente finisce in prima pagina, com’è successo, un motivo c’è (nonostante le eccezioni); b) i medici ospedalieri che non fanno visite ed esami esterni perché pochi e/o perché non lavorano a tempo pieno; c) i malati che date le prime due premesse si rivolgono sempre più alle strutture private; 4) queste ultime che (spesso) foraggiate con soldi pubblici, alla fine sottraggono risorse al servizio sanitario nazionale. Dunque s’innesca un perverso circolo tra pubblico e privato, con il primo che sempre meno riesce a far fronte alle esigenze dei cittadini e il secondo che cresce, pagato dallo Stato proprio su questo deficit di assistenza.
Se si vuole salvare la sanità bisogna interrompere questa sequenza micidiale. Come? Con nuovi medici di famiglia, perché quelli che ci sono sono pochi (vedi l’ultimo allarme della Gimbe) e lavorano male, sopraffatti da un’overdose di assistiti che non troverebbero altrimenti assistenza. Con nuovi medici e infermieri negli ospedali e nei Ps, possibilmente a tempo pieno e per far questo occorre sbloccare i concorsi, aprirli ai neolaureati altrimenti vanno deserti, e ripristinare l’incompatibilità tra pubblico e privato. Alla luce di questa carenza di medici, per inciso, continuare poi a tenere il numero chiuso a Medicina è un’assurdità. Poi occorre separare chi decide le convenzioni con il privato da chi fa le scelte per la sanità pubblica, per evitare il rischio di favori, oltre che una contraddizione palese; infine normare urgentemente l’impiego dei medici ‘gettonisti’, quei medici che vanno via dal pubblico (perché stressati e/o sottopagati) per approdare al privato, magari convenzionato, pagati con cifre scandalose e non di rado con soldi pubblici.
Alcune di queste cose emergevano in una delle ultime puntate di Presadiretta, uno dei pochi programmi d’informazione rimasti alla Rai, che ha messo il dito di nuovo nella piaga della Sanità: in Lombardia quella pubblica è già un miraggio, i gruppi privati crescono e si alleano per aprire reti diffuse di poliambulatori nel Paese.
Il quadro dunque è quello devastante denunciato più volte, ma dal governo arrivano segnali pessimi: Presadiretta mandava in onda il suo servizio proprio nei giorni in cui il ministro Fitto tagliava altri 1,2 miliardi al settore. Ecco, la Sanità oggi è il problema: il diritto alla salute è calpestato, irriso. Difendere il Ssn deve essere in cima all’agenda del fronte progressista e sindacale, prima che sia tardi.

La Sanità pubblica è sotto attacco come molti dicono non solo per l’insufficienza delle risorse destinate dal Governo attuale e da quelli precedenti ma per i “virus” introdotti nel sistema che lo stanno uccidendo lentamente. E’ avvilente assistere all’assenza di discussione sulla sanità da parte delle forze politiche del futuro centro sinistra Il massimo che ho potuto vedere fino adesso è, appunto, il lamento sui tagli dei finanziamenti degli ultimi 20 anni, il blocco del turnover che ha ridotto gli organici di parecchie decine di migliaia di unità di tutte le professioni, il depauperamento del territorio, la chiusura di posti letto e di ospedali pubblici sulla base di criteri dettati da “tecnici” e così via di questo passo. Nessuno che propone le modifiche necessarie per sconfiggere i “virus” per salvare e rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale pubblico e universale come descritto dalla legge istitutiva del 1978: la n. 833.

Gianni Nigro
Già responsabile nazionale della FP CGIL Sanità

Ma davvero si pensa che con maggiori finanziamenti, la copertura di tutti gli organici (quali non è dato sapere), e un po’ di case e ospedali di comunità si risolveranno i problemi della sanità pubblica del nostro paese?

Ma davvero si pensa che con maggiori finanziamenti, la copertura di tutti gli organici (quali non è dato sapere), e un po’ di case e ospedali di comunità si risolveranno i problemi della sanità pubblica del nostro paese?

Io ho provato ad elencare alcuni nodi che vanno affrontati se si vuole davvero rilanciare la sanità pubblica ma sembra di parlare a dei sordi oppure, come credo, non si vogliono toccare i forti interessi costruiti attorno alla Sanità italiana che si traducono in consensi elettorali e che nessuno ha il coraggio di modificare.
Non potendo rassegnarmi ad un’esauribile declino in cui versa il sistema, provo a ripetere ciò che si dovrebbe fare attraverso la costruzione di una proposta rivolta a tutti quelli che hanno a cuore la difesa della sanità pubblica nel nostro Paese che affronti e dia soluzioni ai seguenti nodi strutturali qui elencati per titoli:

Di seguito i punti che devono fare parte di una proposta di riforma:

1. Revisione del Titolo V i cui limiti sono stati evidenziati nella gestione della pandemia e non solo e che occorre rivedere profondamente soprattutto per le possibili future epidemie riequilibrando il rapporto Stato Regioni rafforzando i poteri dello Stato su alcune materie per conservare la natura nazionale del servizio. In questo quadro NO a qualsiasi ipotesi di autonomia differenziata delle Regioni.

2. Il rapporto con l’Università che deve riconsegnare alla sanità la titolarità nella programmazione del numero delle lauree in medicina, delle specializzazioni e delle lauree delle professioni sanitarie, nonché la revisione dei protocolli Regioni-Università troppo spesso sbilanciate a favore delle logiche accademiche con grave danno per la qualità dei servizi sanitari.

3. La costruzione di un nuovo rapporto Ospedale-Territorio attraverso la costruzione di Case e Ospedali di Comunità che, come previsto dal DM 71, possano alleggerire la pressione sugli ospedali e i PP.SS. dando risposte di salute ai cittadini bisognosi di cure, funzionanti con personale pubblico dipendente e la presenza di medici di medicina generale debitamente formati dall’Università superando l’attuale anomalia che affida alla FIMMG la loro formazione e prevedendo la dipendenza (per i nuovi?) superando l’attuale convenzione.

4. Il rapporto pubblico-privato che deve vedere l’intervento privato integrativo a quello pubblico e sottoposto alla programmazione sanitaria eliminando ogni forma di competizione dettata dalla scusa accattivante di lasciare libero il cittadino di andare dove vuole (modello Lombardia e non solo). Competizione e concorrenza non si possono applicare alla natura del SSN e all’art. 32 della Costituzione.

5. La revisione dell’aziendalizzazione in un settore che deve prescindere dalle logiche di mercato e nel quale le logiche aziendali fanno a pugni con la tutela della salute e il benessere della popolazione.

6. Eliminare il tetto di spesa sul personale in vigore dal 2004 che è stato la principale causa di apertura al privato senza alcun risparmio anzi spendendo di più come è facile dimostrare se alla spesa corrente si somma la spesa per beni e servizi relativa al costo degli appalti e convenzioni con il privato senza alcun tetto (un falso in bilancio legalizzato).

Ci sono infine altre due questioni che se non affrontate costituiscono il virus potentissimo che uccide la sanità pubblica da molti anni (i dati sono illuminanti):
la sanità integrativa e la libera professione – intra-moenia):

7. La sanità integrativa sempre sostitutiva è la più grossa contraddizione presente in un sistema che vuole essere universalistico e gratuito come previsto dalla legge istitutiva del SSN. Lo sviluppo della stessa negli anni è sempre più stato legato alle inefficienze denunciate dalle numerose campagne sulla cd mala sanità. Si ricorre, infatti, alla sanità integrativa/sostitutiva per essere certi di avere la prestazione sanitaria in tempi rapidi e quasi sempre ricorrendo ai privati con cui si sottoscrivono le convenzioni. La diffusione poi per via contrattuale di questa modalità dentro i singoli contratti nazionali di categoria e per ciò con le necessarie differenze, sta ponendo in essere una tutela della salute che rende sempre più diseguali le persone proprio come accadeva prima della riforma del 78 con le mutue. So bene quante obiezioni si possono fare a quanto sopradetto ma io resto convinto che in un Paese con una sanità pubblica efficiente, universale e gratuita non ci può essere spazio per dirottare risorse verso forme di assicurazione spacciate per integrative ma che nella realtà costituiscono percorsi di cura differenziati tra i cittadini. Su questo punto i sindacati devono fare una profonda autocritica sulle scelte di politica contrattuale degli ultimi anni.

8. La libera professione intramoenia come è organizzata oggi rappresenta un altro tema su cui intervenire per una radicale modifica. Intanto credo sia necessario ribadire che l’estensione a quasi tutte le prestazioni sanitarie di questa modalità, anche a quelle dove non esiste alcuna possibilità di scegliere il professionista come ad esempio nel caso della diagnostica strumentale, non ha alcun senso e rappresenta la vera causa dell’allungamento delle liste di attesa nella sanità pubblica. L’estensione a tutte le professioni sanitarie di questo istituto è stata solo figlia delle richieste delle corporazioni (ordini, collegi, associazioni e oo.ss. compiacenti) che da reali bisogni di efficentamento dei servizi sanitari pubblici. Anche su questo punto so bene quante siano le resistenze corporative a partire dalla maggioranza dei sindacati medici, ma una sanità pubblica, universale e gratuita non ha bisogno di questi istituti così come sono. Spetta al parlamento intervenire per correggere le storture presenti e non lasciare la soluzione al rapporto negoziale. Illuminante su questo punto l’articolo di Tiziana Sampietro QS del 9 apr.

In conclusione io so bene che discutere di questi temi sarà difficile anche perché gran parte delle distorsioni introdotte negli anni hanno visto il protagonismo di soggetti riconducibili alla sinistra ma sono convinto che sono milioni i cittadini disponibili a sostenere queste modifiche se è vero che la pandemia ci ha consegnato un popolo molto più convinto sulla importanza di difendere la sanità pubblica italiana. 

LC