L’INTERVISTA

PAOLO BARONi
ROMA
Non c’è più la «pazzia iniziale» che ci avrebbe costretto a portare diversi milioni di abitazioni in classe D entro il 2033, ma la direttiva sulle «case green» ratificata la scorsa settimana dal Parlamento europeo sta stretta al nostro Paese, «perché non tiene pienamente conto delle nostre specificità» spiega il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Andranno comunque fatti degli interventi, a partire dagli immobili meno efficienti per riuscire a tagliare i consumi del 16% già entro il 2030, e per questo il ministro ipotizza una revisione degli sgravi fiscali, dando priorità a pompe di calore e isolamenti. Mentre esclude l’introduzione di sanzioni a carico dei proprietari inadempienti.
Ministro sulle case green il peggio è stato evitato…
«Per come si era messa la questione 7-8 mesi fa è andata bene e comunque se i cittadini europei hanno ottenuto migliori condizioni e più flessibilità è grazie alle proposte dell’Italia. Secondo noi questi interventi andavano collegati ad un piano più ampio e alla previsione di una maggiore flessibilità a livello di singole nazioni, perché i vincoli che sono stati posti, almeno per quanto riguarda l’Italia (ma questo può valere anche per la Francia) non tengono conto della struttura dei fabbricati e del fatto che quasi i 2/3 ha più di settant’anni, sia della condizione di ultra frazionamento della proprietà, posto che la caratteristica italiana è quella di avere oltre l’80% di famiglie che sono proprietarie di immobili».
A livello europeo non sono previsti ulteriori stanziamenti, come si può fare?
«Calato nella realtà l’obiettivo di risparmio energetico richiede un grande piano di intervento nazionale che il bilancio dello Stato italiano fatica a sostenere. Non c’è più la pazzia di portare tutti in classe D entro il 2033, ma certamente è un qualcosa di molto ambizioso, se vogliamo anche stimolante».
Nel recepimento della direttiva ci possono essere margini nazionali di aggiustamento?
«Essendo una direttiva e non un regolamento dei margini già ci sono. Alcuni meccanismi, poi, sono da definire a livello nazionale. Ad esempio quello della seconda casa rispetto all’occupazione di quattro mesi che esenta dagli interventi di adeguamento è già diversa da paese a paese. Poi c’è il tema delle microunità, che vista la tipologia dei fabbricati del nostro paese, potrebbe far emergere tanti frazionamenti che possono non determinare sanzioni».
La direttiva non le indica, voi pensate di introdurne?
«Da parte mia non c’è nessuna intenzione di andare a proporre sanzioni per stimolare il raggiungimento del target. Noi il target lo dobbiamo raggiungere, credo con uno stimolo di tipo diverso, con benefici di tipo fiscale che nell’ambito della riforma che si sta avviando dovranno premiare più le pompe di calore e l’isolamento rispetto ad altri tipi di interventi previsti dalle norme attuali».
La prima scadenza per le famiglie è quella del 2025 quando dovranno terminare gli incentivi alle caldaie a gas.
«Questo è un primo passaggio. Come si usufruisce di una detrazione del 50% nell’ambito delle ristrutturazioni o si è usufruito del bonus del 110%, fin da ora bisogna porsi la questione di intervenire con meccanismi di miglioramento».
A proposito di obiettivi sfidanti a che punto siamo con la diffusione delle rinnovabili: la previsione di raggiungere entro il 2030 i 70-80 gigawatt installati rispetto al 2021 è sempre valida?
«Abbiamo chiuso il 2023 con un exploit che ci ha consentito di raggiungere l’obiettivo, che avevo indicato come ideale, dei 10 gigawatt di autorizzazioni. Però, io per primo, dico che si può parlare di vittoria con 10 gigawatt di installazioni. E le installazioni nel 2023 sono state certamente tante, perché sono passate da 1,5 Gw del 2021 ai 2,5/3 del 2022 ai quasi 6 del 2023. Ora si tratta di andare avanti con questo trend che oggi ci consente ben 1.000 allacciamenti al giorno. Un dato molto rilevante».
Restano però dei colli di bottiglia a partire dalle autorizzazioni sull’utilizzo delle aree.
«In questa fase abbiamo avuto un rallentamento dell’attività da parte della Conferenza delle Regioni perché il coordinamento su questo tema spetta alla Sardegna ed il cambio di amministrazione sta frenando tutto da alcuni mesi. Ciò non toglie però che si stia lavorando per snellire ed accelerare le procedure relative all’utilizzo delle aree idonee».
Il lancio delle comunità energetiche nei piccoli comuni può aiutare questo disegno?
«Certo. La semplificazione, la riduzione della dimensione degli impianti, una sorta di automatismo per l’allaccio alle cabine primarie della rete elettrica, un contributo a fondo perduto del 40% nei comuni sotto i 5 mila abitanti e 5,7 miliardi complessivi di fondi aiutano tanto».
Il tour di presentazione dei Cer oggi arriva Torino. Che risposte avete avuto in questi incontri coi vari territori?
«Il progetto sta generando molto entusiasmo e lo stimolo che viene da alcune fonti – ad esempio c’è un impegno fortissimo da parte delle organizzazioni No profit e della Chiesa cattolica – dà certamente una spinta importante. Per questo confidiamo di poter raggiungere i 5 gigawatt di produzione stabiliti come target».
Al contrario delle case green, invece, sulla direttiva imballaggi ci è andata meglio.
«Siamo riusciti a far valere il fatto che l’Italia ha sviluppato un settore produttivo legato al riciclo per il fatto di essere anche tra i più grandi produttori d’Europa di imballaggi. Essere tra i migliori mi ha permesso nei vari incontri di far valere le nostre ragioni a fronte di una posizione iniziale durissima della Commissione. Poi va dato atto a Parlamento e Consiglio europeo di aver lavorato molto bene. Per l’economia italiana che fa del food uno dei suoi fattori di sviluppo è stato bene finisse così».
Domani a Berlino firmate un accordo di cooperazione coi tedeschi, cosa riguarda?
«Insieme al vice Cancelliere e ministro dell’Economia e della protezione climatica, Robert Habeck, sottoscriveremo un accordo intergovernativo bilaterale di solidarietà tra i due Paesi: in pratica in caso di necessità sarà possibile invertire i flussi dei gasdotti e anziché prendere noi il gas dal Nord avverrà il contrario. È inoltre prevista la firma di un Addendum trilaterale tra Italia, Svizzera e Germania. In questo modo consolidiamo il nostro ruolo di hub energetico europeo». —