Alla presidente arrivano consensi trasversali

Salvatore Cannavò

Il voto disgiunto ha pesato nella vittoria di Alessandra Todde in Sardegna, ma nemmeno poi tanto. Lo sostiene l’Istituto Cattaneo che offre uno studio sui flussi dei voti e un’analisi sul risultato complessivo.
Todde ha vinto con il 45,4% dei consensi contro il 45% di Paolo Truzzu, ma il centrodestra ha raggiunto, a livello di liste, il 48,8% mentre quelle collegate alla neo-presidente solo il 42,6%. Todde ha quindi ottenuto circa 43 mila voti in più della propria coalizione mentre Truzzi 5.379 in meno.
Secondo l’Istituto Cattaneo, però, il voto disgiunto, che pure c’è stato, non va sovradimensionato. L’analisi è stata svolta nelle città di Sassari e Cagliari, le due città più grandi e più adatte a sostenere il modello statistico. “Alessandra Todde, scrive il Cattaneo, è l’unica candidata che intercetta trasversalmente voti provenienti da elettori delle liste di altre coalizioni. Ottiene voti sia da elettori del “terzo polo” guidato da Renato Soru sia da elettori di partiti di centrodestra”. Prende insomma un po’ da tutti. A Cagliari, per esempio, riceve l’1% dei voti di Forza Italia, l’1,5% della Lega, ma anche lo 0,6% dai sostenitori di Soru mentre quest’ultimo ottiene l’1% dei voti del Pd. A Sassari Todde ottiene dalla Lega solo lo 0,3% mentre lo 0,9 proviene da “altri di centrodestra” e l’1,3% dal Terzo polo (su cui converge lo 0,7% del Pd). Solo Truzzu non beneficia di apporti esterni. Inoltre, Todde attrae la quasi totalità degli elettori “senza partito”. Secondo l’istituto, quindi, sarebbe “improprio” addebitare la responsabilità del voto a Todde “ai soli voti leghisti dissenzienti”.
Conta invece la “capacità attrattiva personale della neo-presidente, potenziata dalla forte intesa e dal convinto sostegno del Pd sardo”. C’è un “fattore Todde”, che probabilmente andrebbe studiato meglio e che ha prodotto una spinta verso la neo-presidente a prescindere dai giochi politici incrociati. Un risultato che andrebbe capito e studiato meglio invece di abbandonarsi, come faceva ieri Matteo Renzi sul Riformista, alle battute o alle contumelie.