L’APPELLO DI UNA MADRE DI 48 ANNI, RESIDENTE A CAMPOMORONE, SULLA PIATTAFORMA DI RACCOLTA FONDI “GOFUND”


la storia
Danilo D’Anna
H a 48 anni Valeria Firpo e da quando ne aveva 37 deve fare i conti con una malattia che non lascia scampo: la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Negli ultimi anni gli effetti sul suo corpo sono stati devastanti. Ora è costretta a letto e dipendente dalla tracheotomia. Vive assistita da due badanti e dall’affetto delle sue due figlie, le uniche che riescono ancora a regalarle un sorriso. Valeria – che abita a Campomorone – ha bisogno di soldi perché le cure sono costose, visto che attorno a lei deve esserci sempre una persona. Ha attivato una raccolta fondi sulla piattaforma gofundme (https://www.gofundme.com/f/aiuta-valeria) con l’obiettivo di raggiungere cinquantamila euro. Una somma che le permetterebbe di stare tranquilla per un po’ perché l’unico aiuto economico che ha è quello della Regione Liguria («e ho rischiato di perderlo quando hanno abbassato la soglia per accedervi»).
Non parla più Valeria, la tracheotomia le ha portato via pure la parola. Scrive, e in una lettera racconta la sua storia. È la storia di una donna arrabbiata, lo sarebbe chiunque del resto. «Mi sono ammalata nel 2013, quando le mie figlie avevano 10 e 7 anni. Ho cominciato a perdere la forza nella mano sinistra e sentivo venire meno una parte di me ogni mese: le dita, il braccio sinistro e la voce diventava strana, non riuscivo più ad articolare alcune lettere. Ma c’erano le bambine a cui pensare, sorridevo e allo stesso tempo morivo ogni volta che non riuscivo ad allacciare loro le scarpe, a pettinarle».
Poi la diagnosi: «È arrivata nei primi mesi del 2015, come una sentenza. Ho festeggiato i miei 40 anni temendo che quello sarebbe stato l’ultimo compleanno perché credevo che la malattia mi avrebbe portato via. Ma non è stato così». E ancora: «Mentre perdevo anche la funzionalità del braccio destro e la voce era compromessa, continuavo a riempire la vita delle mie figlie di ricordi, facevo sviluppare pure le foto più banali. Quando loro erano a scuola io potevo piangere. Non riuscivo a fare praticamente più nulla da sola».
Neppure la fisioterapia e i farmaci aiutano la donna: «Medicinali, sperimentazioni, integratori, su di me non funzionava niente. Il giorno della Prima Comunione della più piccola delle mie figlie sono caduta e mi sono fatta male picchiando la testa su un marciapiede mentre andavamo in chiesa. Di lì a poco avrei perso l’uso delle gambe e quindi sono stata costretta a prendere una badante. La mia famiglia cominciava a scricchiolare, ero un peso. Ho insistito per alimentarmi artificialmente. Quando finivo in ospedale mi sentivo una cavia, un pezzo di carne. Il cervello però funzionava e questo mi angosciava. Finché un giorno ho perso ogni libertà: l’unica mia valvola di sfogo era il computer oculare. Sono andata via da casa mia». Il dramma nel dramma è la mancanza di supporto delle istituzioni: Valeria può beneficiare dell’aiuto economico della Regione, ma il fisioterapista Aism va a trovarla una volta alla settimana e dispone sporadicamente di un’infermiera dalla Gigi Ghirotti. «Tante volte – conclude Firpo – ho pensato che sarebbe meglio morire, poi arriva una delle mie figlie e mi dice che ha preso un bel voto. E penso che devo resistere ancora un po’».
La raccolta fondi è iniziata, ma non decolla. Per questo la storia di Valeria deve girare. La stanno facendo girare un po’ tutti: familiari, amici, perfino il parco benessere Il Bellavita dalla sua pagina Facebook: «Serve aiuto, la città si metta una mano sul cuore». —