LUNGO FACCIA A FACCIA IERI MATTINA TRA IL LEADER CGIL E IL PRESIDENTE DEL MOVIMENTO 5 STELLE NELLA CASA ROMANA DELL’EX PREMIER IL COLLOQUIO (DI TRE ORE) DOVEVA RIMANERE NASCOSTO. L’ASSE TRA I DUE SULL’AGENDA PROGRESSISTA PREOCCUPA ELLY E LA PREMIER

ilario lombardo
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Eccoli di nuovo insieme, Maurizio Landini e Giuseppe Conte. Il segretario della Cgil e l’ex presidente del Consiglio a capo del Movimento 5 Stelle, il partito che contende il cuore del principale sindacato italiano al Pd. Un incontro segreto, che sarebbe dovuto rimanere tale. A casa di Conte, in pieno centro storico di Roma, a pochi passi da Montecitorio. Per questo, forse, avviene di domenica mattina, quando i palazzi della politica e le stradine attorno si svuotano, e c’è una maggiore possibilità di passare inosservati. Invece ieri, attorno alle 11 La Stampa è lì per caso, e vede entrare Landini nel portone che conduce allo studio privato dell’ex premier. Il segretario della Cgil ne uscirà poco prima delle due, per infilarsi subito nella macchina che è lì di fronte ad aspettarlo, e a coprirne l’uscita. Mentre lo fa, un passante lo saluta. E lui ricambia.
Seduti uno di fronte all’altro, per quasi tre ore, ci sono due dei tre principali leader del campo progressista. La terza, Elly Schlein, non c’è. Landini e Conte hanno molto di cui parlare. E nel lungo confronto toccano temi diversi. I dettagli non vengono svelati. Ma di sicuro parlano di contratti e di salario minimo. Di operai, stabilimenti e Stellantis, il gruppo di cui è principale azionista Exor, la holding che attraverso Gedi edita questo giornale.
Sul tavolo del capo dei 5 Stelle c’è una copia de La Stampa di ieri, con in prima pagina l’intervista in cui Conte rilancia la proposta «di una grande iniziativa per coinvolgere il Paese» concordata con le opposizioni sulla legge per il salario minimo. Landini e la Cgil sono parte di questo progetto che, nelle intenzioni, sarà la risposta al muro innalzato da Giorgia Meloni. Conte ha apprezzato che il sindacato e il suo leader abbiano con il tempo superato la tradizionale ostilità delle organizzazioni dei lavoratori all’idea di fissare una paga minima per legge. E Landini lo ha dimostrato quando ha pubblicamente e duramente respinto il documento di Renato Brunetta, presidente del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, a cui Meloni aveva chiesto un parere. «Forzatura mai fatta – disse il sindacalista – il Cnel è ormai assoggettato a logiche politiche».
Conte e Landini hanno costruito un rapporto di intesa in questi anni, sin da quando il primo sedeva a Palazzo Chigi. Dopo le elezioni, dopo la vittoria della destra, e con la nuova vita all’opposizione del M5S guidato dall’avvocato, le loro strade si sono incrociate sempre più spesso. L’agenda comune facilita il dialogo e il corteggiamento reciproco. Il no alle armi a Kiev a tutti i costi, il pacifismo, la condanna di entrambi alla decisione dell’Italia di astenersi sulla guerra a Gaza all’Assemblea generale dell’Onu, la difesa del reddito di cittadinanza che non c’è più. E ora il salario minimo e lo scontro tra il governo e Stellantis, in piena transizione ecologica, che obbliga i partiti a mettere la testa su quale politica industriale adottare per il futuro.
I due leader si sentono e si cercano più spesso di quello che si viene a sapere, anche se poi Landini è sempre molto attento a non mostrare un legame privilegiato a danno del Pd. Il derby progressista e il ruolo, di controcampo sindacale, gli impongono di mostrarsi cauto, di non scegliere una parte e di mantenere interlocutori in tutti i partiti.
Conte ha molto più da guadagnare se “la relazione speciale” entra nell’immaginario del popolo della sinistra e delle battaglie sul lavoro. Sono passati più di due anni da quando il capo del M5S, nei giorni complicati del governo Draghi, approfittò della distanza gelida tra Pd e Cgil, promettendo al sindacato: «Il Movimento sarà sempre al vostro fianco». Ora c’è la sfida per le Europee, il duello con la segretaria Schlein per chi sarà il primo partito dell’opposizione. Alleati sì, ma finché voto non li separi. E ogni voto diventa essenziale su un percentuale che si assottiglia sempre di più. E certamente, se Landini va a casa di Conte per una colazione domenicale, e si ferma a parlare tre ore con lui, un’altra leader si fa spettatrice interessata e preoccupata di questa sintonia: Giorgia Meloni. —