
LE ACCUSE INCROCIATE PER LA LUCE VERDE AL FONDO SALVA-STATI NEL 2021
Antonio Bravetti
Roma
La “sfida” tra Giorgia Meloni e Giuseppe Conte inizia un mese fa in Parlamento. Il 12 dicembre la presidente del Consiglio è nell’aula della Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 14 e 15. Dai banchi del governo attacca frontalmente l’ex premier, imputandogli una mala gestione della riforma del Mes nel 2021: «Chi ha dato l’assenso italiano alla ratifica? Lo ha fatto il governo Conte, senza mandato parlamentare e un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solo per gli affari correnti. Lo ha fatto con un mandato a un ambasciatore firmato dall’allora ministro degli Esteri del M5S Luigi Di Maio. Lo ha fatto senza un mandato parlamentare, senza che ne avesse il potere, senza dirlo agli italiani e con il favore delle tenebre».
Conte replica stizzito: «Il Mes è stato introdotto in Italia attraverso un disegno di legge approvato nell’agosto 2011, governo Berlusconi quater, ministro della Gioventù Giorgia Meloni, ministri La Russa, Fitto: se lo ricorda? Come si permette di dire che abbiamo fatto qualcosa in modo non trasparente? Perché non è andata almeno a rileggere gli atti parlamentari? Presidente Meloni, rilegga la risoluzione del dicembre 2020. C’è tutto scritto. Un mandato parlamentare chiaro, alla luce del sole».
Il 13 dicembre in Senato Meloni rincara: «Vi ho portato un bel fax indirizzato al rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari: “La signoria vostra è autorizzata a firmare l’accordo, recante modifica del trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità. Firmato Luigi Di Maio” . Questa firma è stata fatta un giorno dopo le dimissioni del governo Conte».
Pochi giorni dopo, il 18 dicembre, il presidente M5S chiede l’istituzione del giurì d’onore, previsto dal regolamento di Montecitorio, per «accertare le menzogne denigratorie» della premier. Il presidente del giurì è Giorgio Mulè (Fi) e i membri rappresentano i gruppi parlamentari, esclusi FdI e M5S: Fabrizio Cecchetti (Lega), Alessandro Colucci (Noi Moderati), Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaratti (Avs). Toccherà a loro decidere se le affermazioni di Meloni sono veritiere o meno. Entro il 9 febbraio dovranno sottoporre la loro relazione all’assemblea di Montecitorio, che dovrà prenderne atto, senza votazioni né discussione, come da regolamento.
Le cronache raccontano che il 9 dicembre del 2020 il Parlamento votò una risoluzione presentata dai partiti di maggioranza che impegnava il governo Conte II a «finalizzare l’accordo politico raggiunto all’Eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Euro Summit sulla riforma del trattato del Mes». I rappresentanti permanenti dei Paesi membri del Mes firmarono poi il via libera alla riforma il 27 gennaio 2021, un giorno dopo le dimissioni del governo Conte, al termine della crisi che Italia Viva aveva aperto ufficialmente l’11.
All’epoca il rappresentante permanente dell’Italia era Maurizio Massari. Fu lui a validare la riforma. L’esecutivo, però, gli aveva dato il mandato di firmare il 20 gennaio, prima delle dimissioni di Conte. Questa data compare nel messaggio ufficiale, mostrato in aula da Meloni, che l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva inviato a Massari. —
