Marco Menduni
«In Liguria c’è stata una diaspora di buoni ortopedici verso strutture di altre regioni, determinata soprattutto da retribuzioni superiori e da migliori possibilità di lavoro. Per questo si è arrivati alla crisi attuale dei conti». Parola di Ferdinando Priano, uno dei più noti medici del settore, specialista in ortopedia e traumatologia. Con lui, anche nel ruolo di memoria storica, ripercorriamo quel che è accaduto in Liguria negli ultimi decenni.
Lo facciamo dopo che l’analisi del Secolo XIX pubblicata nell’edizione di ieri ha rivelato due dati. Il primo: la fuga dei pazienti dalla regione, dei liguri che vanno a farsi curare e operare fuori dai confini, costa 115 milioni. Secondo: Ortopedia è l’emergenza, proprio la specialità che qui ha specialisti di livello nazionale. Due liguri su tre vengono operati fuori dalla loro regione; nel 2022 sono stati 5.792 su 9.081.
Professor Priano, perché si è arrivati alla situazione attuale quando la specialità, fino a circa due decenni fa, rappresentava un’eccellenza della Liguria?
«Partiamo dalla ricostruzione storica di quel che è accaduto. Ortopedia è una specialità dove eravamo molto forti all’inizio degli anni Duemila perché c’era una clinica ortopedica al San Martino diretta dal professor Francesco Pipino che attraeva molti malati liguri e da tutta Italia».
E non era l’unica eccellenza…
«A Pietra Ligure c’era l’ospedale Santa Corona diretto dal professor Lorenzo Spotorno che, anche lì, attraeva molti pazienti specialmente dal Piemonte e dalla Lombardia ma anche da tutta Italia».
Che cosa è accaduto da quegli anni?
«In questo ambito sono cresciuti dei giovani ortopedici molto bravi, molto capaci, sia a Genova sia al Santa Corona. Poi nella diaspora innescata del pagamento dello stipendio ospedaliero molto basso e dei limiti imposti dalla legge Bindi, con l’obbligo per i medici del tempo pieno e dell’attività intramoenia, i giovani medici sono migrati».
Lei stesso ha fatto questa scelta.
«Sono andato via anche io, mi sono dimesso nel 2000 da primario dell’ospedale di Sampierdarena per andare a lavorare nelle cliniche del Piemonte, della Lombardia e della Toscana, che chiaramente hanno attirato questi medici con stipendi molto molto superiori rispetto a quelli degli ospedali».
La situazione si è poi perpetuata sino ad arrivare ai giorni nostri e a rappresentare, per Ortopedia, una criticità nei conti.
«La causa dei 115 milioni prevalentemente per Ortopedia è sostanzialmente dovuta a quello, a una quantità di ortopedici di livello superiore alla media che sono andati via e che attraggono i pazienti fuori regione. Oltre a una grande soddisfazione dei pazienti per queste cliniche che sono molto ben gestite con servizi quasi alberghieri».
Le strategie in atto possono essere sufficienti?
«Il numero di medici che sono usciti è diventato tale e tanto che non credo che i 50 milioni di Toti possano servire a farli rientrare. Con Claudio Burlando presidente avevamo tentato la via di fare entrare i privati nell’ospedale pubblico e noi avevamo fatto un’outsourcing all’ospedale di Sestri Ponente, esperienza che però poi non è stata più confermata e alimentata».
La motivazione principale della diaspora, come lei la chiama, è stata quindi determinata dalle retribuzioni.
«Da motivi sostanzialmente economici e di possibilità di lavoro. Perché si deve considerare come in ospedale ci sia un sistema gerarchico che prevede un primario il quale decide tutto come i capi della ferriera. Poi ci sono gli aiuti, che se lavorano nell’ospedale pubblico devono sottostare ai diktat del primario e agli orari imposti dall’ospedale, mentre se vanno in una struttura privata e convenzionata in automatico sono completamente liberi di agire e di solito riescono bene».
In Liguria come può essere risolta la questione a questo punto? Lei dice: i 50 milioni della giunta Toti non servono a farli tornare…
«Ma no. In Liguria, e reputo che sia l’unico tentativo possibile perché non ci sono cliniche private accreditate, a parte Villa Azzura che è però una realtà piccola che non può risolvere le richieste, dovrebbero riaprire gli ospedali in cui è stata chiusa ortopedia. Facendo venire gli specialisti con dei gettoni a prestazione di valore inferiore rispetto a quello che la Regione paga alle Regioni limitrofe. Se una prestazione fatta da un ospedale pubblico costa 100, l’assessore incentiva dei chirurghi esterni pagando la prestazione 60, 70, 80. Questo vuol dire risparmiare e servire i liguri in Liguria».