Il duello con “repubblica”, la smentita sulla telefonata di un 5S a di maio
Luca de carolis
L’avvocato scrive, urla, litiga, si mette in mezzo. Tutto, pur di impedire a Giorgia Meloni ed Elly Schlein di giocarsi sole solette la loro sfida mediatica prima che politica, e di mostrarsi centrale nel dibattito. Ma tra un post e un video l’iperattivo Giuseppe Conte fa anche altro. Per esempio spera che Meloni si candidi alle Europee, trascinando con sé nelle partita la segretaria dem e più leader possibili.
È questo il primo tasto su cui Conte auspica di poter battere nella lunga campagna per le Europee: lui, autodichiaratosi alfiere della “questione morale”, che non si presenterà per le urne di giugno perché “non è serio candidarsi quando si è certi che non si andrà in Europa, è un tema di trasparenza e di rispetto” come ha teorizzato a Radio 24 giorni fa. “È anche questa una questione morale, che attiene alla credibilità delle istituzioni”, sostiene. Confermando che la prima urgenza per lui e il M5S sarà differenziarsi dagli altri partiti: da Fratelli d’Italia e Meloni, a cui rimprovera di continuo le mancate dimissioni dei membri di governo coinvolti in vicende giudiziarie, come dal Pd troppo diverso su troppi temi, dalla guerra al Mes. Messaggi che sono il filo rosso degli interventi degli ultimi giorni. Partendo dal video – un filo inquietante – fatto con l’intelligenza artificiale, in cui in una falsa puntata di Porta a Porta Meloni non risponde alle domande dell’ex premier. “Conte inganna gli italiani” gli ha replicato Giovanni Donzelli di FdI. E la mossa gli è valsa anche un fondo del direttore di Libero Mario Sechi, già capoufficio stampa della presidente del Consiglio, che accusa Conte di “inganno artificiale”. Polemiche che l’ex premier cerca, con una linea aggressiva, d’impatto, che per certi versi ricorda il vecchio M5S. Non deve stupire allora che Conte abbia risposto con una lunga e durissima lettera a un articolo di Stefano Cappellini di Repubblica, che lo accusava di aver fatto un show sul Mes alla Camera e “di concepire l’opposizione come coreografia”, nonché di reiterato “populismo”.
Di fatto, imputandogli l’incoerenza di aver votato contro la ratifica nell’ex fondo salva Stati, a cui pure aveva dato via libera da premier nel 2020. “Cappellini ha la posa sussiegosa di un guru della sinistra del caviale che si ingegna a dettare la linea al Pd” attacca l’ex premier, con sillabe che sono anche una puntura di spillo per i dem (in privato Conte accusa i vertici del Pd di essere troppo sensibili al giudizio della stampa). Soprattutto, rivendica la coerenza della sua posizione del Mes: “A suo tempo sono stato sempre molto chiaro in tutti i Consigli europei: avremmo avallato la ratifica della riforma del Mes solo in caso di raggiungimento di altri obiettivi, primo tra tutti una profonda riforma del Patto di stabilità e crescita. Questi obiettivi sono confluiti, nero su bianco, anche nella risoluzione del Parlamento italiano adottata nel dicembre 2020”.
È la stessa spiegazione fornita da Conte al Fatto, nell’intervista di venerdì scorso: il mandato della risoluzione è stato tradito, quindi il voto contrario del M5S era legittimo. Ma al di là dello scontro con il giornalista – a cui ieri è arrivata la solidarietà di esponenti di Azione e Iv – è sempre il Mes ad agitare le acque nel fronte grillino. E a muoverle è ancora Repubblica, con un articolo che racconta di una telefonata di un dirigente del M5S a Luigi Di Maio nei giorni caldi dello scontro con Meloni proprio sul salva Stati. Colloquio in cui avrebbe chiesto un aiuto all’ex leader dei 5Stelle, ministro degli Esteri nel 2020. “Non mi risulta nessuna telefonata, e il M5S non cerca sponde” ha replicato Conte. Infastidito dal fatto che qualcuno dei suoi abbia potuto cercare il suo ex avversario. Ma ieri proprio Di Maio ha fatto capire che la telefonata ci sarebbe stata: “Non voglio farmi trascinare in giochetti politici, chi mi ha chiamato nei giorni delle dichiarazioni in aula di Meloni è libero di dirlo se vuole”. Un big contiano sussurra: “Se qualcuno ha davvero chiamato Luigi, Conte la prenderà male”. Ieri sera circolavano voci su un parlamentare al secondo mandato. Ma chissà dove arriva la realtà, e dove iniziano le vendette incrociate: postume.
