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“Primo obiettivo per il 2024? Partire coi cantieri. La sanità? Stiamo facendo molto, ma il problema è nazionale”. E lancia un segnale a Forza Italia: “Se aprirà una costituente starò ad ascoltare”

Liguria. Giovanni Toti in futuro si vede ancora saldamente in Liguria. Mentre si avvia a festeggiare il nono Capodanno alla guida della Regione, il presidente fissa le priorità per l’anno prossimo e intanto guarda già al quinquennio successivo, anche se ritiene che il dibattito sia partito “con troppo anticipo”. Sulla sanità, dopo la tregua temporanea con l’opposizione in Consiglio in sede di bilancio, rivendica il lavoro fatto e chiede al governo Meloni “di fare di più”. E poi, accantonate le proprie ambizioni centriste, lancia un nuovo segnale a Forza Italia: “Se la dirigenza fosse folgorata sulla via di Damasco, io ascolto volentieri…”

Presidente Toti, quale dei suoi obiettivi vorrebbe vedere realizzato prima di tutti gli altri nel 2024? 

“Il primo obiettivo di tutti noi è far partire la gigantesca mole di cantieri o concludere quelli che già ci sono in giro per la Liguria. Vedere autostrade migliori con meno cantieri, cosa che prima o poi accadrà e avremo finalmente una rete sicura dopo il crollo del ponte Morandi. E poi ancora la diga del porto di Genova, l’alta velocità che ci collegherà al Nord Italia, le nuove stazioni crocieristiche di Genova e La Spezia, la metropolitana di Genova, il passante ferroviario, i tanti porti turistici che stiamo ristrutturando e aprendo, da quello di Rapallo a quello di Ventimiglia a quello di Sanremo. È una Liguria che si sta muovendo veloce, io sono felice di aggiungere che si sta muovendo veloce senza lasciare indietro nessuno: asili nido gratis, maggiore capienza e più soldi per la Dote Sport, la lingua inglese fin dalle scuole materne, gli abbonamenti gratuiti per gli studenti sui treni, il blocco degli aumenti per i pendolari. Credo sia una Regione Liguria che guarda all’equità, alla crescita, alla competitività e un po’ anche al merito”.

Ascoltando anche il polso della gente, la vera nota dolente in questa regione sembra essere la sanità. Che voto darebbe a se stesso e alla sua giunta per il lavoro fatto finora?

“La giunta sta facendo davvero tanto. Spero che i cittadini se ne rendano conto e credo che molti lo stiano già facendo. Il portale di prenotazioni informatiche Prenoto Salute sta dando un servizio più vicino ai cittadini, le collaborazioni con le farmacie già oggi permettono una serie di servizi. Le liste d’attesa sono il vero tallone d’Achille della nostra sanità, come lo è la medicina territoriale che fa sì che i pronto soccorso siano intasati non di persone che ne hanno bisogno, ma persone che non riescono a trovare risposte altrove. Ed è quello a cui stiamo lavorando: case di comunità, ospedali di comunità, maggiore facilità di prenotazione, 50 milioni di euro che torneremo a investire sul sistema anche privato. Dopodiché, chiunque lo veda senza gli occhi del pregiudizio sa che è un problema italiano, di assenza di professionalità, di troppo pochi medici formati, di rigidità dei contratti che fa sì che non si possano assumere medici se non già in corso di specializzazione. E con pochi medici, ovviamente quelli che ci sono tendono a stare nei grandi ospedali e nei grandi poli di ricerca anziché in territori dove si vive benissimo ma con ospedali più piccoli. Tutti vorrebbero un pronto soccorso sotto casa, noi dobbiamo invece costruire grandi pronto soccorso di area con grandi capacità mediche. Non c’è una soluzione per risolvere i problemi di una sanità che, va detto, resta tra le migliori del mondo. Di questo non si parla mai: di 205 Paesi iscritti alle Nazioni Unite, l’aspettativa di vita degli italiani è tra il settimo e l’ottavo posto, calcolando anche Paesi molto piccoli e ricchi”.

Visto che lo considera un tema nazionale, secondo lei il governo Meloni sta facendo abbastanza?

“Il governo ha aggiunto soldi, ha messo 3 miliardi di euro, saremmo stati in vera difficoltà se non l’avesse fatto. Deve fare ancora molto. Io credo debba dare una sterzata al sistema con una legge di riforma che integri il sistema pubblico e privato, che faccia sì che un medico che lavora al San Martino non debba sentirsi peggio pagato di chi lavora nei grandi ospedali privati del Nord Italia, che faccia in modo che gli infermieri e operatori, oggi più formati, possano essere usati per tutte le loro capacità e non solo per lavori che facevano 20 anni fa. Se non cambieremo le regole, oltre a metterci soldi, difficilmente daremo risposte. Su questo il governo ha cominciato un’opera di approfondimento ma deve ancora mettere giù molte riforme che servono”.

Ormai sembrano tutti concordi sulla sua candidatura al terzo mandato: preferirebbe governare ancora la Liguria o dedicarsi a un’esperienza politica diversa, magari nazionale?

“Sceglierei tutta la vita la Liguria. Sta andando molto bene, sta cambiando la faccia di questa regione: oggi è diventata leader nel turismo, nelle tecnologie, nella logistica, è considerata ormai un benchmark per qualità e capacità di investimento. Gli anni tra il 2025 e il 2030 saranno la vera realizzazione del sogno della Liguria“.

Alla luce di tutto questo, lei si sente già investito dal suo elettorato?

“Mi sento semplicemente a disposizione, ma dico anche che siamo partiti in grande anticipo con questo dibattito. Le elezioni furono rinviate per il Covid, quindi si voterà tra il 27 ottobre 2025, quando si insediò il consiglio regionale, e i successivi tre mesi. Questi giorni saranno quelli delle elezioni, poco prima o poco dopo le festività del Natale. In due anni di acqua sotto i ponti ne passa tanta, in Liguria a volte anche tantissima. Vedremo quando saremo a ridosso. Certamente tutti noi, io, Edoardo Rixi, Marco Bucci, i principali sindaci del territorio, Matteo Rosso che è leader del partito di governo, siamo convinti che la Liguria debba andare in questa direzione e che non si debba tornare indietro”.

Non teme l’onda lunga di Savona, che ha già visto un cambiamento e che fu il primo grande comune conquistato dal centrodestra?

A Savona abbiamo perso con nostre colpe, ma contemporaneamente abbiamo vinto a Ventimiglia, a Imperia, abbiamo conquistato per la prima volta Sestri Levante e il piccolo gioiello di Camogli. A Sanremo, a Rapallo credo che il centrodestra possa andare bene. Ancora oggi resta vero un dato, che non sposta quello di Savona: quando sono arrivato in Liguria nel 2015 il centrodestra governava il 30% degli abitanti, oggi ne governa circa l’85%. Credo che faccia la differenza e spieghi le dimensioni dell’approvazione per la nostra amministrazione. Poi certo, gli anni passano, si rischia di perdere lo slancio, è il nostro compito quello di continuare ad alimentare il sogno di una Liguria diversa”.

Quattro anni fa lei lasciò Forza Italia, che oggi è partito di governo. Lei ci crede ancora al suo progetto politico di centro?

“Il mio impegno è dedicato totalmente alla Liguria. Questo territorio ha una trazione civica importante se si pensa che il primo gruppo in Consiglio regionale si chiama Lista Toti, che lo stesso avviene a Savona e Genova, che addirittura Scajola a Imperia governa con un’alleanza quasi totalmente civica. Abbiamo molto da fare qua, quello è il mio orizzonte. La politica nazionale mi interessa, mi interessa il dibattito sull’autonomia che vorrei di più per la mia regione, mi interessa quanto il governo fa per sostenere gli enti locali. Forza Italia, dopo la morte di Berlusconi, dovrebbe fare una riflessione: fare il polo aggregatore di centro, aprire i suoi confini, mettere a fattor comune quel bene che è stato Berlusconi, pure da me criticato talvolta ma senza disconoscere il valore dell’uomo e della sua proposta politica. Credo che Forza Italia abbia scelto una via di chiusura che limita anche il suo stesso ruolo. Se all’indomani della morte del suo fondatore quel patrimonio di idee e di nome fosse stato messo a disposizione dei tanti figli della diaspora… Con Angelino Alfano e altri, nel duomo di Milano il giorno dei funerali, dicevamo con ironia amara che c’era più gente che credeva in Berlusconi fuori da Forza Italia che all’interno. Credo che all’Italia manchi un partito nazionale che faccia da baricentro, come in Liguria fanno le liste civiche. Se Forza Italia vorrà farlo io sarò ad ascoltare, altrimenti buona fortuna“.

Quindi sta pensando a tornare?

“Non sto pensando a tornare, non mi muoverò da nessuna parte e continuerò a essere un governatore in carica e un candidato governatore di tutta la coalizione. Sto dicendo che Forza Italia non dovrebbe perdere un’occasione in un Paese in cui oggi il Partito Popolare vale il 6-7% rispetto a colossi come Fratelli d’Italia e Lega, che valgono ben di più ma che non vengono dalla nostra tradizione politica. Se poi, folgorata sulla via di Damasco, la dirigenza di Forza Italia, come credo auspichi lo stesso Piersilvio Berlusconi e antichi amici del Cavaliere come Fedele Confalonieri con cui mi sento spesso, domani deciderà di lanciare una grande costituente dei liberali, popolari e riformisti di questo Paese, aprendo a tutti coloro che vogliono tornare con criteri moderni di partito che prescindere dalle tessere, che non sia ‘chiudiamo le porte e stiamo al caldo’ ma anzi ‘spalanchiamo porte e finestre e facciamo entrare aria fresca ovunque in nome del sogno che fu di Berlusconi’, io ascolto volentieri”