PARLA CLAUDIO GUSTAVINO, PRIMARIO DEL SAN MARTINO
il caso
Luisa Barberis
Due parti precipitosi in poche ore, uno dei quali sfociato in tragedia con la morte del bimbo, destano sgomento e interrogativi. Venerdì una donna di Albenga ha partorito un feto senza vita alla trentunesima settimana di gravidanza, mentre in ambulanza cercava di raggiungere il San Paolo. Poco dopo una ventiduenne di Osiglia è stata accompagnata al Gaslini in elisoccorso, visto che il bimbo aveva talmente fretta che non avrebbe “sopportato” un’ora di strada. Il problema è che nel Savonese sono sempre più frequenti i parti fuori dall’ospedale: due tra luglio e settembre con l’ambulanza ferma in una piazzola dell’autostrada A10. Abbiamo affrontato il tema con Claudio Gustavino, direttore del dipartimento Ginecologico del San Martino. Sempre più spesso le donne non arrivano a partorire in ospedale. Come si spiega? «Sono episodi aneddotici. Il parto precipitoso può destare scalpore, ma è contemplato. Non esiste una casistica regionale o nazionale sulla prevalenza dei parti in ambulanza o dei fattori di rischio, ma sappiamo che lo 0,1% dei parti avviene fuori dagli ospedali. Se consideriamo che in Liguria nascono meno di 8 mila bambini l’anno, siamo sotto al dato nazionale». Però capita sempre nel Savonese, dove uno dei Punti nascita, quello del Santa Corona, è chiuso. «Ultimamente la casistica si è concentrata su Savona, ma il dato rispecchia la letteratura medica. Bisogna trovare un equilibrio tra capillarità e sicurezza. Non è solo questione di distanze, che l’elisoccorso può abbattere in caso di emergenza. Sulla bilancia pesa la sicurezza: il parto precipitoso è aneddotico, ma ci sono emorragie post parto, sofferenze fetali o il distacco della placenta che sono frequenti e necessitano di esperienza per essere gestite. Ed è per questo che non si può avere un Punto nascita in ogni dove. Il Ministero ha stabilito i 500 parti come soglia minima per un Punto nascita: il dato racconta che sono posti sicuri quelli dove nascono molti bimbi e il personale ha competenze che si formano nel fare molte volte le stesse cose». C’è qualcosa che si può migliorare nell’educazione delle mamme e nell’assistenza pre-parto per rendere le ultime ore più sicure? «Si può sempre fare di più e meglio. Una presa in carico precoce è sempre preferibile ed è per questo che è importante che venga ricostruita la rete territorio-ospedale, fatta non solo di ginecologi, ma anche di ostetrici. Di recente l’Asl Savonese ha iniziato a potenziare l’attività, anticipando la presa in carico delle donne fin dall’inizio della gravidanza». —

