PD, M5S E SINISTRA: “LA CONTROPROPOSTA SERVE SOLO A TOGLIERE LA PAROLA ALLE CAMERE” SCHLEIN: NON HANNO NEANCHE IL CORAGGIO DI DIRE UN NO CHIARO A QUELLO CHE VUOLE IL PAESE
PAOLO BARONI
NICCOLò CARRATELLI
ROMA
Al posto del salario minimo legale il governo preferisce il salario «dignitoso», punta sulla retribuzione equa e boccia definitivamente i 9 euro di paga minima oraria. Lo fa contrapponendo alla proposta di Pd, 5 Stelle e Sinistra una legge delega che punta a valorizzare i contratti collettivi, tiene conto delle differenze territoriali e cerca di contrastare accordi pirata e false cooperative.
La proposta è riassunta in un emendamento di Fratelli d’Italia, anticipato ieri da la Stampa, che di fatto smonta la proposta di legge al vaglio del Parlamento. «Siamo per la contrattazione e non possiamo imporre per legge un importo minimo di salario, ma semmai va individuata una modalità con cui sostenere i rinnovi, contrastare l’utilizzo di strumenti impropri e combattere tutte le forme di lavoro spurio», ha spiegato ieri la ministra del Lavoro Marina Calderone agli stati generali del lavoro organizzati da Fratelli d’Italia.
Per le opposizioni l’emendamento della maggioranza è una «grave scorrettezza». Peggio, «un imbroglio». Una «schifezza». La palla, che era stata «buttata in tribuna», ora è stata «definitivamente bucata», per dirla con Giuseppe Conte. In questo modo «il salario non si farà mai», sostiene il segretario della Cgil Maurizio Landini. Un epilogo atteso, visto l’atteggiamento tenuto dal governo in questi mesi, ma comunque amaro, anche per le modalità scelte: «uno scippo in piena regola», il tentativo subdolo di intestarsi un tema molto sentito all’opinione pubblica e, contestualmente, azzoppare il principale cavallo di battaglia dei partiti di opposizione. La strategia della destra è chiara: «Passeranno dal decreto legislativo per cercare di prender tempo e sfiammare l’onda che si è levata in tutto il Paese», avverte Conte. «È un emendamento pericoloso: è il modo di sottrarre la discussione legittima in Parlamento – protesta la segretaria Pd, Ely Schlein –. Il governo non ha nemmeno il coraggio di dire “no” sul salario minimo».
L’obiettivo della maggioranza, è scritto nel testo depositato alla Camera, è quello di assicurare trattamenti retributivi «giusti ed equi», contrastare il lavoro sottopagato, stimolare il rinnovo dei contratti collettivi e contrastare il dumping contrattuale che abbassare il costo del lavoro e riduce le tutele dei lavoratori.
Una volta approvata la delega il governo avrà sei mesi di tempo per adottare uno o più decreti attuativi e «garantire così l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione».
Come prima cosa l’esecutivo dovrà definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi maggiormente applicati prendendo come riferimento il numero delle imprese e dei dipendenti, utilizzando poi questo parametro per assicurare un trattamento economico complessivo non solo a tutti lavoratori che operano nella stessa categoria ma ai quali non viene applicato un contratto collettivo ma anche a chi opera negli appalti di servizi, rafforzando in questo caso le misure di controllo poste in capo alle stazioni appaltanti.
E ancora si prevedono «strumenti di incentivazione» per favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello, anche per fare fronte «alle diversificate necessità correlate all’incremento del costo della vita e alle differenze dei costi su base territoriale», specifica il testo diffuso ieri che riprende la proposta della Lega dei giorni scorsi.
La delega prevede anche l’intervento diretto dell’esecutivo a fronte di contratti scaduti e non rinnovati entro i termini previsti dalle parti sociali: in questo caso si interverrebbe però solamente sui trattamenti economici minimi complessivi, sempre tenendo conto di quelli applicati nei settori affini. La proposta di Fdi, infine, punta a disciplinare la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa; quindi, per contrastare la concorrenza sleale, introduce una riforma della vigilanza sulle cooperative con verifiche periodiche della la loro effettiva natura mutualistica. La partita, dopo la mossa di ieri, sembra chiusa, ma la battaglia continuerà in commissione Lavoro alla Camera, dove si comincerà a votare la prossima settimana e dove il presidente, Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia, è anche il primo firmatario dell’emendamento della discordia. Pd, M5s, Azione, +Europa e Avs hanno anche presentato un contro-emendamento per abrogare l’art.7 della proposta di legge, che stanziava fondi in legge di bilancio sul salario minimo, per togliere l’alibi alla maggioranza sulla mancanza di coperture: «Vogliamo che dicano sì o no alla nostra proposta – sostengono – in modo che sia chiaro a tutti i cittadini». —

