niccolò carratelli
roma
Stop alle armi. Giuseppe Conte torna a battere lo stesso tasto, riproponendo uno schema già visto. Come avvenuto per le forniture militari all’Ucraina, il presidente del Movimento 5 stelle chiede di fermare la vendita di armamenti a Israele. Un modo per mettere pressione al governo Meloni e, indirettamente, anche al Pd, marcando una nuova distinzione con Schlein in politica estera. Ma che stavolta potrebbe rivelarsi un boomerang. Una mossa studiata, comunque, e attuata sfruttando il question time alla Camera con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che si è visto dare in faccia del «codardo» e del «vigliacco», per un’azione diplomatica poco incisiva sul cessate il fuoco a Gaza. «Non era un attacco personale, ma politico all’operato del governo», precisano i 5 stelle, come lo stesso Conte ha spiegato a Tajani al termine del confronto in Aula.
In realtà, è stato uno scontro dai toni piuttosto ruvidi. Il presidente M5s è intervenuto per chiedere conto al ministro di «cosa sta facendo di concreto il governo» per fermare le armi in Medio Oriente. L’ex premier ricorda «la pavidità che avete adottato quando alle Nazioni Unite vi siete pilatescamente astenuti di fronte a una risoluzione che sosteneva una semplice tregua umanitaria. Un atteggiamento codardo – attacca – che peraltro contraddice e allontana l’Italia dal tradizionale ruolo di protagonista del dialogo nel Mediterraneo». Mentre, di fronte a una «carneficina», con oltre 10 mila morti palestinesi, «non si può nascondere la testa sotto la sabbia – avverte Conte – una sabbia sporca di sangue». Di qui l’appello a Tajani: «Abbia il coraggio di sospendere l’export di armi verso Israele, come il mio governo e altri fecero per altri contesti – dice Conte –. Non vogliamo che su quelle bombe ci sia il nome indelebile dell’Italia e della sua vigliaccheria. Non in nostro nome».
Il riferimento di Conte è alla decisione, durante il suo secondo mandato a Palazzo Chigi, di revocare le autorizzazioni per l’esportazione di missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, impegnati nella guerra nello Yemen.
Alla richiesta di Conte si unisce Nicola Fratoianni, che dice a Tajani che «è arrivato il momento di fare qualcosa in più e sospendere la fornitura di armi allo Stato di Israele». Proprio nella replica al leader di Sinistra italiana, il ministro fa un passo indietro per rispondere a Conte, perdendo la sua abituale pacatezza: «Noi chiediamo pause umanitarie più ampie. Qui non c’è nessun codardo – alza la voce – e la prego di utilizzare un linguaggio più consono da parte di un uomo che è stato presidente del Consiglio». Nel merito, qualche ora dopo, entra a gamba tesa Guido Crosetto sui social: «Conte parla senza conoscere, sarebbe meglio informarsi, il governo sta portando aiuti umanitari», scrive il ministro della Difesa, spiegando che la vendita di armamenti a Israele, da parte di aziende italiane produttrici autorizzate dal governo, «è stata sospesa dopo il 7 ottobre». Ma era, comunque, poco significativa: «21 licenze per 9,9 milioni, quasi tutti per parti di sistemi di comunicazione – riassume Crosetto – lo 0,27% dell’export italiano». Mentre quando al governo c’era Conte, ricorda, la fornitura era più sostanziosa: 28 milioni nel 2019, 21 milioni nel 2020.
Dalle parti del Pd scelgono il basso profilo, anche perché «prima bisogna essere certi che ci siano armi di produzione italiana impiegate a Gaza», spiegano dal Nazareno. L’unico a commentare, quasi in tempo reale in tv a Tagadà su La7, è l’ex ministro Andrea Orlando, secondo il quale è meglio evitare «iniziative estemporanee» come quella di Conte. Dal Movimento puntualizzano che si tratterebbe di far «avviare all’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) della Farnesina un’istruttoria per verificare se siano in corso consegne di armamenti prodotti in Italia e impiegabili da Israele nei raid sulla Striscia di Gaza, valutandone eventualmente l’opportunità di una sospensione temporanea in via precauzionale».
Ulteriore obiezione è quella sollevata, tra gli altri, anche da un eurodeputato M5s come Fabio Massimo Castaldo, già distintosi per una vena critica nei confronti di Conte e convinto che bisognerebbe «chiedere che la stessa misura venga applicata verso tutti quei Paesi del Golfo, del Medio Oriente e del resto del mondo, che sono fortemente sospettati di aver dato, e forse di dare ancora, sostegno finanziario e materiale al terrorismo sanguinario di Hamas». Questione spinosa, visto che, a fronte dei 10 milioni scarsi di forniture militari a Israele, lo scorso anno le aziende italiane hanno venduto armamenti al Qatar per circa 260 milioni di euro, all’Arabia Saudita per oltre 123 milioni, agli Emirati Arabi per 121 milioni, al Kuwait per 105 milioni e all’Egitto per 72 milioni. —

