REGGIO EMILIA, IL 20 OTTOBRE HA DOVUTO RINUNCIARE ALL’INTERVENTO

FILIPPO FIORINI
REGGIO EMILIA
Nicola Barile non ha l’atteggiamento che ci si aspetta da un uomo a cui negli ultimi tre mesi sono stati diagnosticati due tumori gravi, né quello di chi ha appena visto la propria operazione saltare a causa di uno sciopero del personale di sala. È allegro e calmo, nonostante tutto, questo rappresentante di 44 anni, portato da un sogno premonitore a una visita di controllo e poi alla diagnosi. Perplesso ma equilibrato, dice: «Ringrazio i medici e non me la prendo con chi sciopera, ma il nostro sistema sanitario va cambiato».
Nicola, come sta?
«Non mi lamento. Non sono una persona sana, ma nemmeno ho grandi sintomi e, soprattutto, non mi piace piangermi addosso. Scrivo il diario che ho incominciato da quando mi hanno detto che avevo il cancro e sono contento che sia successo a me».
Ecco, esattamente cosa le è successo?
«Il 19 ottobre sono stato ricoverato al Core di Reggio Emilia, un centro specializzato in oncologia. Io abito in provincia. Il giorno dopo mi avrebbero dovuto asportare un rene, il surrene e parte dell’uretra. Sono stato a digiuno, ho fatto gli esami, ma quando è arrivato il momento non si è presentato nessuno».
Quando le hanno detto che non l’avrebbero operata e perché?
«Dovevo entrare alle 13, ma il chirurgo è arrivato alle 14,30. Mi ha detto che c’era uno sciopero dei collaboratori di sala e non c’era il personale per procedere. È stato molto cortese, era esausto. Operava dalle sei del mattino».
Si è sentito abbandonato?
«Sono rimasto molto colpito, devo ammetterlo. Anche perché poi mi hanno rimandato a casa dicendo che mi avrebbero contattato, per farmi sapere in che giorno avrebbero riprogrammato l’intervento».
Qual è la sua malattia?
«Ho due tumori. Un carcinoma renale maligno e un linfoma polmonare non Hodgkin, a milza e stomaco».
Come si è accorto di essere malato?
«Ha dell’incredibile. Il giorno che è morto mio cognato, l’ho sognato. Mi diceva di controllare la salute. L’ho raccontato in famiglia e non ci ho dato peso. I miei però hanno organizzato una visita senza dirmelo e il medico ha scoperto un linfonodo gonfio, da lì è iniziato tutto».
È arrabbiato?
«No. Il problema sta nel sistema sanitario. Chi sciopera ha un motivo per farlo e i medici di quell’ospedale con me si sono comportati sempre in modo esemplare, li considero dei grandi professionisti».
L’Ausl dice di non aver potuto avvertire prima perché non può chiedere ai dipendenti se aderiranno a uno sciopero.
«Non è così, sono tenuti a informare con 24 ore d’anticipo. A me sarebbe bastato che qualcuno mi dicesse che esisteva la possibilità di una proroga, perché quando mi hanno detto che l’operazione saltava, io che mi ritengo una persona dal carattere forte, ho pensato che fosse a causa di un ricovero d’emergenza. Sa che cosa avrebbe pensato un altro malato oncologico, in uno stato di fragilità psicologica?»
No, che cosa?
«Che stavano usando la scusa dello sciopero, per evitare di dirgli che il suo cancro è inoperabile».