UNA DENUNCIA A CAIRO, LA REPLICA DELL’ASL

«Per due ore il mio pensiero è stato sollevare da terra mia mamma, ormai senza vita, e spostarla su una barella. Non c’è burocrazia che tenga: non si può calpestare la dignità umana». Sono parole di rabbia e dolore quelle di Federico Forgetti, il figlio della 78enne che venerdì è morta nella camera calda del Punto di primo intervento di Cairo. La tragedia si è verificata prima delle 6 del mattino: Forgetti stava accompagnando la madre a una visita, ma la donna è si è sentita male non appena l’auto ha imboccato ponte Italia 61.
«Ho telefonato al 112, ma, siccome eravamo vicini, sono andato in auto al Ppi – racconta il cairese – Ho chiesto aiuto. Il custode mi ha detto che fino alle 8 non avrei trovato nessuno, perché il Ppi era chiuso. Solo per caso c’era il personale del 118, che non era impegnato fuori sede. Una dottoressa ha tirato giù mia mamma dall’auto e iniziato la rianimazione. Lei, un altro medico e la Croce Bianca di Cairo hanno fatto di tutto per tentare di salvarla: nulla da eccepire sui soccorsi, ringrazio tutti. Sono stati straordinari». Forgetti denuncia infatti quanto successo dopo: «A quel punto è stato impossibile spostare il cadavere di mia mamma da terra. Erano le 8, i dipendenti andavano a lavorare, i cittadini entravano per visite ed esami. Tutti dovevano scavalcare il corpo per passare. Mi hanno spiegato che le regole vietano di spostarlo, ma è inaccettabile. La dignità di una donna vale più della burocrazia, che va cambiata. Racconto, perché non capiti ad altri e perché Cairo non può stare senza un’assistenza notturna». L’Asl ha ricostruito i fatti: «La chiamata al 112 è arrivata mentre l’auto entrava nella camera calda. Contemporaneamente il personale dell’automedica di Cairo, che ha sede nel presidio, è stato allertato dalla centrale 118 ed è intervenuto. Le condizioni della donna sono apparse molto critiche. Siamo vicini alla famiglia, ma le regole impongono che si debba aspettare l’autorità giudiziaria prima di spostare la persona, poi trasferita all’obitorio». —
L.B.