OGGI L’INTERROGATORIO DELLA DIRETTRICE GENERALE, L’AVVOCATO CHIAMERÀ A TESTIMONIARE I DIPENDENTI “LI COSTRINGEVA SOLO A LAVORARE BENE, INFATTI GRAZIE A LEI L’ENTE PROVINCIALE È PROGREDITO”
la storia
Dario Freccero
Fannulloni o vittime? Per la Procura sono vittime, per la difesa di Giulia Colangelo non c’è dubbio: «Ma quali vessazioni! L’attaccano quattro fannulloni ripresi per come lavorano, gli altri dipendenti testimonieranno a suo favore». Oggi è il giorno in cui la potente direttrice generale della Provincia passerà al contrattacco. L’attende l’interrogatorio di garanzia in tribunale a Savona. Lei freme, non è tipa da incassare in silenzio. Da tre giorni è confinata a Torino per non inquinare le prove. L’accusano di presunte vessazioni dei dipendenti e presunte irregolarità nell’organizzazione e svolgimento dei concorsi per la selezione del personale. Accuse pesantissime per lei referente anche nazionale dei segretari generali delle Province. È un leone in gabbia, chi l’ha incontrata ha avuto un brivido ad avvicinarla. Il suo legale, il torinese Cristiano Michela, ieri non ha voluto anticipare troppo della linea difensiva ma ha fatto capire che la ricostruzione degli inquirenti che dipingono la dirigente 53enne come “un tiranno, anzi una zarina dispotica”, non è verosimile. E allora perché questo quadro? «Ce lo domandiamo anche noi – è l’unica replica concessa dal legale torinese – Forse perché nel pubblico impiego non c’è l’abitudine a performare? La mia assistita lo fa e costringe a farlo chi lavora con lei. Infatti l’ente è progredito…».
A dire della difesa, insomma, l’inchiesta nascerebbe dalle reazioni piccate e rancorose di una parte di dipendenti a cui la Colangelo avrebbe mosso contestazioni. Poche persone, a suo dire massimo cinque o sei, su un totale di quasi 200 lavoratori molti dei quali la difesa vuole chiamare a testimoniare per dimostrare che il giudizio sui suoi modi non sarebbe affatto unanime. In pratica sarebbe nel mirino di lavoratori “arrabbiati”. Una tesi che oggettivamente cozza con il quadro emerso dalle anticipazioni di quest’inchiesta: vessazioni non banali e non sporadiche, ricorrenti e anche molto pesanti dal punto di vista umano. Così garantisce la squadra mobile che ha fatto le indagini e sentito le persone oltre che le registrazioni telefoniche. Come sempre in questi casi occorrerà qualche giorno per capire meglio, per definire il quadro.
Parlare con chi ha lavorato con Giulia Colangelo fino a poche ore fa, serve e non serve. Ne riconoscono anche le doti, e senza dubbio l’impegno, ma che avesse modi e toni sopra le righe è opinione unanime. Il gip Alessia Ceccarsi ha scritto cose non proprio consuete: “nell’ente Provincia si comportava come una padrona ambiziosa nel suo salotto”. E “trattava i dipendenti come colf o reietti”. C’è poco da interpretare.
Da qui le denunce che non uno ma diversi dipendenti, hanno sporto nell’ultimo biennio per mobbing e pure stalking. In particolare una dipendente (F.B.) col suo esposto ha dato vita alla parte centrale dell’inchiesta. Rappresenta la parte più pesante. «Che ci sia una denuncia non vuol dire molto – replica il legale – Bisogna studiare il contesto…».
Poi c’è l’altra parte che riguarda il carico di falsi e irregolarità in atti pubblici, nei concorsi e i presunti favoritismi. Qui l’accusa a Giulia Colangelo è di aver favorito l’assunzione di conoscenti anticipando le prove d’esame e falsando le graduatorie. Su questo fronte la direttrice è indagata al pari dei membri di quella che gli inquirenti identificano come una sorta di “sua squadra che agiva secondo le sue linee guida”. Il braccio destro Maurizio Novaro, avvocato di Diano Marina messo a capo degli affari legali; ma da ieri si è appreso di altre due avvocatesse assunte in Provincia e ora indagate: Laura Pomidoro, del ponente savonese, in servizio agli affari legali, In tutto gli indagati sono 6. Tra cui il sindaco di Albisola Superiore Maurizio Garbarini, l’assessore sempre albisolese Sara Brizzo (che è anche consigliere provinciale).
E l’avvocatessa Jessica Rebagliati, a cui viene contestata la rivelazione del segreto d’ufficio per aver fornito a una parente, poi assunta nel Comune di Albisola Superiore, i quesiti della prova scritta che doveva affrontare. —

