Lampedusa è scossa da una profonda emergenza, politica e umanitaria.
Il Governo balbetta con imbarazzo senza dare risposte, ma lontano dai riflettori gli sbarchi continuano, l’emergenza sociale cresce e la popolazione dell’isola è in grande difficoltà.

Oggi sono stato qui tutto il giorno per ascoltare i lampedusani. Li ho ascoltati partecipando alla loro assemblea cittadina, ho visitato il poliambulatorio, l’hotspot, ho incontrato i rappresentanti di varie associazioni produttive, sociali e civiche, sono stato ospite a pranzo della signora Teresa che qualche giorno fa si è ritrovata nel giardino di casa migranti affamati e si è industriata per aprire loro la porta di casa e offrirgli un pronto ristoro. È stata una giornata intensa, fitta di scambi, di emozioni e riflessioni. Non possiamo lasciare i lampedusani abbandonati a loro stessi. Ho detto loro la verità: la politica non risolve i problemi a colpi di slogan e promesse. La politica deve costruire percorsi di soluzione dei problemi senza spot comunicativi. Serve umiltà. L’arroganza e le prese in giro fanno male, soprattutto a chi si ritrova in difficoltà.

Quando diciamo Lampedusa diciamo Italia, diciamo Europa. I lampedusani non vogliono compensazioni per un carico di sbarchi incontrollabile che prelude all’ipocrisia di una finta accoglienza. Chiedono il rispetto dei diritti costituzionali, a partire dalla sanità sino alla possibilità di sviluppare appieno le loro potenzialità economiche sociali e turistiche. Chiedono di non essere lasciati soli, affinché non siano calpestati i diritti di nessuno.