CONFRONTO ALLA FESTA DELL’UNITÀ DI RAVENNA. IL LEADER 5STELLE ANNUNCIA CHE NON SI CANDIDERÀ ALLE EUROPEE

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I Cinquestelle si sono mobilitati per l’occasione, arrivati in anticipo per occupare le sedie sotto al tendone, che alle nove di sera è strapieno. Come tifosi in trasferta, alcuni hanno la spilla con le stellette, altri sfoggiano magliette del Movimento. E quando Giuseppe Conte sale sul palco della festa dell’Unità di Ravenna da un angolo della sala parte il coretto: «Conte, Conte». L’ex premier è arrivato pochi minuti prima dell’inizio del dibattito, senza il tempo per girare tra gli stand e nelle cucine per salutare i volontari, come aveva fatto nel 2020 da premier a Modena e nel 2021 a Bologna. L’applauso che gli viene tributato dalla platea dem è generoso, ma non paragonabile a quello che riceve Stefano Bonaccini: il presidente del Pd e dell’Emilia-Romagna gioca in casa e si sente. Ha già fatto il tour tra cappelletti e piadine, cena compresa con i dirigenti locali del Pd.
I giornalisti gli chiedono degli attriti interni, ma Bonaccini vuole parlare di prospettive di alleanza. «Dobbiamo mettere in campo un’alternativa credibile, i leader del centrosinistra smettano di provare a togliersi il 2 o 3% a vicenda, tanto la somma non cambia». Conte raccoglie: «Servono proposte concrete, il tema è lavorare per costruire un progetto di governo del Paese. Non fare adesso un’alleanza posticcia, ma arrivarci attraverso un confronto chiaro e rispettoso».
Poi, spinto dalla rumorosa claque, passa all’attacco del governo e alle polemiche sul Superbonus edilizio, che «ha creato un milione di posti di lavoro, come non ha fatto il Jobs Act, al contrario di quello che dice Renzi». Parole accolte con aria impassibile da Bonaccini (che quella riforma aveva sostenuto) e, invece, da un applauso convinto del popolo dem, evidentemente non nostalgico dell’epoca renziana.
Meglio virare sul salario minimo, obiettivo condiviso su cui non si rischiano sorprese dialettiche, oppure sulla prossima battaglia comune da portare avanti: la difesa della sanità pubblica. Bonaccini alza la palla e Conte, invece di schiacciarla, ricorda che «ci sono anche questioni su cui abbiamo posizioni diverse, come sulla guerra in Ucraina e sulle spese militari: mi pare che Schlein abbia espresso un’opinione e ci sia un confronto interno al Pd». Applausi anche qui, dai tanti che sembrano apprezzare la linea della segretaria. Poi il presidente M5s torna sulla sanità e conferma che «ci si può confrontare, abbiamo pronta una proposta di legge, per noi bisogna arrivare all’8% di spesa in rapporto al Pil per il servizio sanitario». Concorda con Bonaccini sulla necessità di «superare il numero chiuso nelle facoltà di medicina» per aumentare il numero dei medici. Altro scambio di cortesie, in chiave antigoverno, sulla ricostruzione delle zone alluvionate. Bonaccini riconosce che il M5s in Regione, pur all’opposizione, «sta collaborando con noi». Conte fa i complimenti per la «reazione e la laboriosità della gente di Romagna». Duettano amabilmente anche sui migranti, attaccando Meloni sui mancati blocchi navali e la redistribuzione negata dai suoi amici sovranisti. In chiusura, uno sguardo verso le elezioni europee. Conte conferma che non si candiderà e che il Movimento continua il dialogo con i Verdi. Bonaccini si limita a dire che «farò quello che il mio partito riterrà utile». Alla fine, per Conte selfie e strette di mano, anche da chi vota Pd. nic. car. —