Di Dario Caruso

Ho assistito all’incontro Le mani sulla città presso il giardino di Villa Groppallo a Vado Ligure.
La relatrice Franca Guelfi, capogruppo del gruppo di minoranza in comune Memoria e Futuro, ha illustrato ai numerosissimi presenti (centocinquanta all’interno del giardino e almeno altrettanti intorno alla recinzione esterna) la situazione attuale del territorio comunale vadese.

In particolare Guelfi si è soffermata sulla prospettiva delle discariche locali, sulle conseguenze della piattaforma Maersk e sull’imminente installazione del rigassificatore illustrando un quadro generale drammatico.

“Vogliamo la valutazione del cumulo di servitù e un risarcimento del danno finora sofferto” commenta Guelfi concludendo l’introduzione.

Marco Preve, giornalista di Repubblica, prosegue e coordina gli interventi di Marco Grondacci, giurista esperto in diritto ambientale, e di Maurizio Wurtz, professore emerito in biologia marina per UniGe.

La prospettiva per i prossimi decenni è disastrosa: si parla di deturpazione delle colline circostanti, di distruzione dell’area marina e del litorale da Varazze a Noli, di minaccia di insalubre atmosfera con conseguenti gravi rischi per la salute dei cittadini costieri e dell’entroterra (qualcuno ricorda vagamente la battaglia per la chiusura della centrale a carbone?).

Grondacci racconta del rigassificatore di La Spezia, ormai attivo da decenni.
Wurtz mette l’accento sull’equilibrio dell’intero mar Mediterraneo occidentale.
Insomma, la guerra non è solamente in Ucraina.

Il pubblico, fino ad oggi in silenzio, sembra appena risvegliarsi.
La nostra inerzia, l’inerzia dei cittadini, mi ha colpito.
Le informazioni snocciolate dai relatori non sono scoop: sono notizie manifeste da anni; sarebbe stato sufficiente ascoltare, leggere ed informarsi, anche solamente saper osservare.
Le intenzioni dell’amministrazione comunale di Vado Ligure, di concerto con la Regione di Toti, sono dichiarate da tempo, neanche troppo tra le righe.

Abbiamo tenuto le mani sugli occhi mentre altri le mettevano sulla città.
Eppure noi cittadini abbiamo accettato, assopiti dall’idea che le compensazioni elargite dalle multinazionali valgano la stessa moneta.
Entro in panetteria, pago qualche euro ma in compenso esco con la baguette.
Non è così.
È doloroso e la china appare irreversibile.

Siamo talmente abituati all’acquisto on-line che abbiamo perduto il senso del do ut des.
Forse è un disegno soprannaturale, quello di farci tornare allo stato primitivo per riprovare il gusto del baratto.