IL COLLOQUIO

federico capurso
roma
Giuseppe Conte è in viaggio verso Diamante, in Calabria. È stato invitato a partecipare alla presentazione dell’ultimo libro dell’ex presidente dell’Inps, Giuseppe Tridico, l’uomo che ha avuto in mano la gestione del reddito di cittadinanza negli ultimi cinque anni di governo pentastellato. Ed è uno strano gioco del destino, in fondo, perché il tragitto verso Sud del leader del Movimento 5 stelle è scandito dalle notizie che riguardano il nuovo Inps, commissariato dal centrodestra, e la sua decisione di togliere il reddito a 169mila famiglie con uno scarno sms. «Un modo per dire “adesso arrangiatevi”», mastica amaro Conte, che parlando con La Stampa si dice colpito dalla freddezza, dal disprezzo, dall’assoluta mancanza di sensibilità con cui è stato notificato a queste famiglie che lo Stato ha deciso di sospendere il loro sostegno economico. Ma ora dopo ora, la situazione sembra peggiorare: arrivano notizie di proteste, tensioni e aggressioni ai dipendenti Inps. «Pessimi segnali, da tante parti del Paese», ammette l’ex premier. Prende una pausa. «Violenze ingiustificabili di pochi che oscurano le ragioni di molti». Pesa ogni parola. «Si è giocata una partita politica sulla pelle delle persone». Non evoca mai la «rabbia sociale». Farlo è sempre pericoloso, anche quando l’intenzione è di contenerla, incanalarla. Ma questi episodi lo preoccupano. Si coglie dal tono della voce, dai lunghi silenzi, da quello che non dice.
Ha appena scritto sui social: «Poco importa al governo se queste persone stiano attraversando un momento di difficoltà dovuto alla mancanza di lavoro o se quei soldi servivano per integrare uno stipendio da fame. Dal primo agosto, zero». Ed è un messaggio che stride con quello di recente arrivato da palazzo Madama, dove sono stati ripristinati i vitalizi agli ex senatori. La voce si fa sarcastica, tagliente, pronta ad affondare un primo colpo: «Chissà se a quegli ex parlamentari il governo ha mandato un sms per avvisarli dell’ennesimo privilegio». Non è l’unico contrasto che salta agli occhi di Conte. Da una parte vede la comunicazione di poche righe inviata dall’Inps e dall’altra, dice, i «toni assai diversi» del messaggio inviato con un decreto del governo «alle multinazionali e alle grandi società energetiche che hanno accumulato enormi extraprofitti grazie all’aumento dei costi dell’energia e delle bollette. Dice più o meno così: lo Stato ha deciso di concedervi la possibilità di pagare la tassa sugli extraprofitti con un comodo ritardo di 5 mesi, senza sanzioni e interessi». Sono tutte battaglie grilline – agli occhi dell’ex premier – calpestate dalla maggioranza. Per la verità il governo non è stato responsabile del ritorno dei vitalizi agli ex senatori, (è stata una commissione parlamentare scaduta e in proroga a deciderlo), ma le contraddizioni fanno inevitabilmente parte del gioco politico. Sono le narrazioni di maggioranza e opposizione che come di consueto si scontrano. Anche se così facendo, forse, quel concetto di «rabbia sociale» – che per prudenza non viene mai pronunciato dal leader del Movimento – rischia comunque di trovare un terreno più fertile sul quale crescere.
Certo – osserva Conte –, per acquietare gli animi, evitare le proteste e le aggressioni di queste ore agli incolpevoli dipendenti dell’Inps, sarebbe stata sufficiente tenere accesa una piccola speranza nel futuro di quelle famiglie. «Ma la risposta non può essere la card da 380 euro, elargiti una volta l’anno: due spese ed è finita, e solo per famiglie con almeno tre componenti». Niente a che vedere con il Reddito di cittadinanza, che poteva arrivare a toccare 780 euro mensili.
«Non è neanche utile fare lo scaricabarile sui servizi sociali. Sono arrivati a luglio senza aver offerto corsi di formazione e senza offrire nessuna alternativa al taglio di reddito e pensioni di cittadinanza. Un sms per dare il benservito e dire: “Adesso arrangiatevi”». Segnali ancor più sbagliati da parte del governo perché «a tutti in questo momento – dice –, con il carovita che morde, può capitare di trovarsi in difficoltà. Il ceto medio non ce la fa più nemmeno a fare la spesa e i mutui sono alle stelle».
Conte aveva girato l’Italia da Nord a Sud, fra novembre e dicembre, contro i tagli al Reddito di cittadinanza che il governo continuava a minacciare. «Il senso di quell’iniziativa era dire a Giorgia Meloni che davanti a lei non ha dei divanisti, ma persone che si aggrappano al Reddito perché hanno perso improvvisamente il lavoro dopo anni di sacrifici o che chiedono il Reddito per integrare stipendi troppo bassi». Invece, dice Conte con una nota amara, «Meloni ha voltato le spalle a chi soffre senza neanche metterci la faccia, con un sms». La manifestazione del 17 giugno organizzata dai Cinque stelle, battezzata “Basta vite precarie”, aveva portato a Roma 20mila persone ed era stato – dice – un ultimo tentativo per dare spazio a queste fasce sociali in profonda sofferenza e sperare che il governo ritornasse sui propri passi, evitando quello che per il leader dei Cinque stelle è un disastro sociale annunciato. Niente da fare.
Ora nel Movimento si ragiona su nuove possibili iniziative da intraprendere dopo l’estate. Più di qualcuno, nel partito, pensa che sia necessario tornare in piazza. Si tratterebbe di un altro tassello da aggiungere al mosaico di un autunno che si preannuncia già caldo, tra le mobilitazioni minacciate dai sindacati, una legge finanziaria stretta tra le difficoltà di bilancio, e quel concetto di «rabbia sociale» che resta taciuto, ma che preoccupa. E non solo le opposizioni. —