DAL BLOCCO DELLE OPPOSIZIONI SI SFILANO AZIONE E ITALIA VIVA ANCHE SE RENZI E CALENDA RESTANO LONTANI
Serena Riformato
Roma
A sera i partiti di opposizione si ricompattano, dopo l’ennesima giornata parlamentare vissuta in ordine sparso. «Certamente sì», garantisce la segretaria Elly Schlein, il Pd voterà la mozione di sfiducia depositata dal Movimento 5 stelle per chiedere formalmente le dimissioni della ministra del Turismo Daniela Santanchè. Ma poi così «certo» in realtà non è stato nel pomeriggio di Palazzo Madama. La prima reazione, fra i senatori dem e di Avs, è stata un’altra: «fastidio» per quella che viene definita, in ogni caso, «un’iniziativa non concordata» almeno in principio. Raccontata diversamente dal capogruppo M5s Stefano Patuanelli: «Alla fine di una capigruppo informale con Francesco Boccia e poi in aula ho comunicato che noi avevamo pensato di presentare la mozione». Quale che sia stato il percorso, i Cinquestelle riescono a intestarsi con più decisione la battaglia contro la ministra. In aula, con il coro «dimissioni, dimissioni» e la contestazione al senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni. Fuori dall’aula soprattutto, con la conferenza stampa di Giuseppe Conte seduto al fianco degli ex dipendenti che dalle aziende di Santanchè devono ancora ricevere abbondanti tfr: «La questione dell’avviso di garanzia è anche secondaria, ma dal punto di vista politico la responsabilità c’è tutta », attacca il leader M5s. E sulla mozione nega sgambetti o «nervosismi». Ma a metà pomeriggio il Pd è ancora esitante: «Se si fa la mozione per farsela respingere – commenta il capogruppo Boccia – è esercizio parlamentare che non ci appassiona». Fra i democratici l’idea è che il tentativo vano di sfiduciare la ministra sia prima di tutto un errore di strategia. «Abbiamo chiesto a tre ministri, Giorgetti, Urso e Calderone di rispondere a delle contestazioni che oggi non sono state chiarite nell’informativa», spiega Boccia. E, a prescindere dalla sfiducia, il partito di Schlein continuerà su questa linea: interpellanze urgenti a Montecitorio e a Palazzo Madama per obbligare altri ministri competenti a fornire spiegazioni sul prestito erogato alla società della Santanché «Ki Group» da parte del Fondo patrimonio Pmi messe in crisi dal Covid. «Le sue dipendenti la smentiscono – commenta Schlein – e rimane il fatto denunciato dal Pd che un ministro della Repubblica non possa avere un debito con lo Stato di 2,7 milioni di euro, cosa che non è stata smentita durante l’intervento della ministra». Sul fronte opposizioni, un capitolo a parte è quello del Terzo Polo. La vicenda Santanchè rende plastica un’incompatibilità politica alimentata da quotidiane conferme. Unico punto d’accordo: no alla mozione M5s. Ma da una parte c’è Azione, il cui leader Carlo Calenda ritiene le spiegazioni di Santanchè «parziali, inesistenti o omissive» per cui «la ministra dovrebbe valutare di fare un passo indietro». Dall’altra Italia viva, la cui capogruppo al Senato Raffaella Paita Paita avrebbe detto a Calenda: «Se vuoi fare il giustizialista fallo pure. Ma non lo farai a nome del gruppo». Distanze rese esplicite sul palcoscenico dell’aula. Renzi e Calenda seduti nella stessa fila, divisi da due senatori. Il leader di Italia viva che prima della fine della seduta raggiunge i banchi di Forza Italia per scambiare qualche battuta con la capogruppo azzurra Licia Ronzulli. —

