Avviso disperato dei pm contabili al governo: “Danni devastanti, fermatevi”. La replica: “Ne prepariamo un altro…”

Carlo di Foggia

Il messaggio al governo è netto, ma la risposta pure. La Corte dei Conti chiede di smetterla con le sanatorie fiscali e lo fa con toni inusualmente duri, aulici, quasi ultimativi. La replica arriva dalla Lega e mostra la considerazione ottenuta: “Al lavoro per una ‘Pace Fiscale’ giusta e definitiva, nell’interesse dello Stato e di milioni di cittadini perbene che sono da troppi anni ostaggio della burocrazia. Pagare meno per pagare tutti!”, fa sapere una nota del Carroccio pochi minuti dopo, irridendo i vertici dei magistrati contabili a partire dal presidente Guido Carlino. Ennesimo segnale di fastidio dopo lo scontro che nelle scorse settimane ha spinto il governo a sottrarre alla Corte il controllo concomitante sul Pnrr, prolungando anche lo scudo erariale. Carlino ha difeso “il ruolo di garanzia” dell’istituzione. “Il controllore non opera per sé, ma nell’interesse pubblico”, ha rimarcato il procuratore generale Angelo Canale.
La condanna dei condoni è il tratto saliente del “giudizio di parificazione sui conti dello Stato 2022” presentato ieri dalla magistratura contabile. Il messaggio non è casuale, visto che nell’ultima manovra il governo ne ha inseriti una dozzina, grandi e piccoli (dallo stralcio delle cartelle fino a 1.000 euro a una nuova rottamazione, alla sanatoria delle liti tributarie) che – per ammissione del Tesoro – aprono un buco nei conti di 1,6 miliardi già il primo anno, quasi un record, visto che, di norma, almeno nel breve periodo questi provvedimenti permettono di fare cassa. Nel medio-lungo, invece, è un disastro. La Corte chiede di “abbandonare definitivamente il ricorso a provvedimenti che offrono per le difficoltà del recupero (e per esigenze di bilancio), la definizione agevolata dei debiti iscritti a ruolo e che, oltre a incidere negativamente in termini equitativi e sul contributo di ciascuno al finanziamento dei servizi pubblici, rischiano di comportare ulteriori iniquità”. Per dare un’idea, solo le “rottamazioni” e il “saldo e stralcio” decisi tra 2016 e 2018 “hanno visto la presentazione di più di 4,1 milioni di istanze per 53,8 miliardi di introito previsto, di cui per 33,6 miliardi vi è stato un omesso versamento”. Insomma, un buco stratosferico.
La memoria depositata da Canale, che accompagna la relazione, dedica al tema un intero capitolo ripercorrendo la storia dei condoni, un’abitudine iniziata già qualche mese dopo l’Unità d’Italia (la rinuncia alle sanzioni per le imposte evase sugli enti morali) e che ha raggiunto il suo culmine agli inizi dei 2000, nel secondo governo Berlusconi. Più di recente, la critica riguarda lo stralcio delle cartelle fino a 1.000 euro voluto nel 2018 dall’esecutivo gialloverde (32 miliardi cancellati) e quello fino a 5.000 euro (ma per redditi bassi) del governo Draghi (25 miliardi). In quest’ultimo caso non valeva nemmeno la giustificazione formale, ridurre il magazzino dei crediti ormai inesigibili del Fisco e aiutare chi è in difficoltà, visto che ha riguardato “perfino posizioni vive, interessate da procedure di rateizzazione in essere, finendo per accordare un beneficio a un vastissimo numero di soggetti, molti dei quali non colpiti dalla crisi”. Insomma, un regalo e basta. Entrambi sono provvedimenti fortemente voluti dalla Lega.
Le critiche si estendono anche ai condoni, di marca simile, inseriti nell’ultima manovra dal governo Meloni, soprattutto il nuovo saldo e stralcio (“un sistema perverso che si autoalimenta”, già contestato dalla Consulta): “Più i contribuenti sono consapevoli di una sostanziale impunità, tramite cancellazioni e condoni – si legge – più si allarga la platea degli evasori”.
I toni dei magistrati, come detto, sono quasi disperati: “La politica dei condoni mina alla radice la credibilità e l’equità del sistema, sottraendo alle imposte il significato di strumento democratico di finanziamento della cosa pubblica”, premiando il modus operandi dei furbi. Dietro c’è la vera partita in ballo, che per la prima volta la Corte dei Conti esplicita chiaramente: “Il sistema dei condoni ha mostrato tutti i suoi limiti, costringendo ai tagli di spesa della finanza locale, da anni privata di risorse indispensabili al funzionamento di Regioni, Province e Comuni”. Insomma, se si va avanti così, il sotto-finanziamento dei servizi pubblici sarà insostenibile e li consegnerà ai privati: “Allo slogan ‘meno tasse, più risorse con le quali comprare privatamente i servizi essenziali’ è preferibile, per la collettività, pagare tasse adeguate in cambio di servizi pubblici e sociali efficienti e funzionanti. La logica di mercato, ove applicata ai diritti fondamentali (salute, istruzione, assistenza), difficilmente raggiunge risultati soddisfacenti; non è equa, non è efficiente, non è efficace”.