IL RETROSCENA

Carlo Bertini
Roma
«Dobbiamo lavorare insieme contro la precarietà, per il salario minimo e per il reddito. Avete fatto bene a mobilitarvi, Giuseppe», è il saluto di Elly Schlein al «padrone di casa» Giuseppe Conte, dopo l’abbraccio in piazza a Roma. Certo, qualche maldipancia la leader lo aveva messo in conto, non a caso aveva tirato dritto decidendo da sola di andare alla manifestazione sul lavoro: ma quelli scoppiati nelle chat subito dopo le parole di Beppe Grillo sui «passamontagna e le brigate di cittadinanza» non poteva prevederli. «Adesso basta, ne ho sentite troppe, esco allo scoperto», tuonava ieri l’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, con i suoi più stretti collaboratori. Per il più atlantista dei big erano già bastate le uscite di Moni Ovadia dal palco contro «la Nato dei buffoni», a fargli dire che «con M5S c’è una distanza siderale sull’Ucraina, noi stiamo con Kiev». Figuriamoci l’evocazione dei passamontagna del fondatore del Movimento.
Malgrado dunque Schlein abbia provato a costruire una narrazione diversa, i fatti non l’hanno aiutata: «Noi vogliamo unire le opposizioni sulle nostre battaglie dentro e fuori il Parlamento», aveva premesso arrivando al corteo, chiarendo che «sul salario minimo non c’è solo M5S, ma ci sono Pd, Calenda e Verdi-sinistra». Come a dire, nessun link esclusivo con Conte. Solo rimarcare il punto che «la sinistra deve riconnettersi con chi sta peggio».
Ma la minoranza moderata del partito, già turbata dal vederla a fianco dei grillini, andava scaldandosi ora dopo ora. Da Bruxelles si faceva sentire la vicepresidente del parlamento europeo, Pina Picierno: «Unire le opposizioni è fondamentale, ma su cosa? Sulle parole aberranti di Moni Ovadia o sulle farneticazioni di Grillo?». Lo sconcerto però è trasversale: nelle chat della sinistra, cominciano a rimbalzare messaggi sdegnati: «È una follia vedere la segretaria tra il pubblico alla manifestazione di un altro partito». Anche se molti fanno quadrato, «ha fatto bene ad andare», la reazione del sindaco Matteo Ricci e tanti altri.
La segretaria, del resto, sapendo dei malumori, pur avendo preso da giorni la decisione di andare in piazza, aveva evitato di condividerla nella chat con i 21 membri della segreteria. Per le decisioni più delicate (ultime quelle sul funerale di Berlusconi e sul rinvio della direzione di lunedì scorso), si era consultata. Stavolta no. E già dopo il suo blitz alla manifestazione, arrivava un anatema di Carlo Calenda: un brutale «staremo lontani da chi deciderà di unirsi ai grillini, pericolosi populisti che hanno fatto solo disastri». E poi le battute dei renziani come Raffaella Paita, che le chiede se condivida le uscite di Grillo. La polemica arriverà domani in Direzione, dove Schlein vorrà indicare una tabella di marcia presentando le iniziative del Pd su lavoro, sanità, scuola. Annunciando emendamenti comuni con 5 Stelle e sinistra per cambiare il decreto lavoro che va al voto mercoledì in Senato. Primo fronte dove le opposizioni potrebbero unirsi.
Ma lo strappo pesa. A Calenda, replica duro il capogruppo dem in Senato, Francesco Boccia, fautore della linea identitaria: «Per noi l’ultimo dei problemi è la costruzione di coalizioni in vitro: noi vogliamo fare le battaglie sul campo, sia parlamentare che nel Paese e chi c’è, c’è». Tanto per chiarire che «l’obiettivo è un’Europa alternativa alla destre di Meloni e Salvini». Parole che suonano stonate a chi teme che la segretaria voglia innescare una separazione consensuale tra il suo Pd di sinistra e i riformisti. I quali, fiutando il pericolo, in Direzione metteranno le mani avanti: Alessandro Alfieri, che pure della segretaria è un collaboratore ascoltato, avendo la delega in segretaria a Pnrr e riforme, la mette giù così: «Noi dobbiamo coinvolgere tutte le opposizioni su lavoro, Pnrr e sanità, nelle aule parlamentari. No ad alleanze preferenziali calate dall’alto. Sarà la fatica di ogni giorno che misurerà la capacità di costruire questa alternativa». —