LA GIORNATA

NICCOLò CARRATELLI
Roma
Elly Schlein alla partenza del corteo, Beppe Grillo all’arrivo, a chiudere la manifestazione. Quando Giuseppe Conte li ha chiamati per invitarli a partecipare alla manifestazione contro la precarietà, probabilmente in cuor suo pensava (sperava) che non accettassero. Invece, alla fine, eccoli entrambi lì, la segretaria del Pd e il fondatore del Movimento 5 stelle, forse le due figure più scomode, dal punto di vista mediatico, per il presidente. Grillo, in particolare, protagonista del solito show dal palco, quasi cinque anni dopo l’ultima apparizione ufficiale. Con polemiche annesse, per la chiamata alle «brigate di cittadinanza: mettetevi il passamontagna e di notte, senza farvi vedere, fate i lavoretti, sistemate i marciapiedi». Quello che per molti suona come un’istigazione all’eversione, in realtà, spiegano dallo staff del comico, è un appello alla cittadinanza attiva, perché «le leggi vietano di riparare da soli la panchina sotto casa e bisogna farlo di nascosto». Ma quasi tutto l’arco parlamentare si indigna. «Parole gravi, Grillo evoca pagine drammatiche della storia del nostro Paese», attaccano dalla Lega. «È un cattivo maestro vile, che aizza le persone più semplici e più deboli socialmente», aggiunge Fabio Rampelli da Fratelli d’Italia. Mentre per Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato, «Grillo incita alla violenza». Nella mischia si buttano anche Maria Elena Boschi, «Grillo scherza col fuoco», e Carlo Calenda: «Invocare i passamontagna è gravissimo, cosa ne pensa Conte? » . Il presidente M5s non ci sta: «Una frase estrapolata dal contesto e criminalizzata ha scatenato un ridicolo coro di indignazione – dice – non coprano con questi giochetti il grido levatosi dalla piazza di Roma».
Conte non può immaginare la piega che prenderà la giornata, quando, intorno alle 15, arriva in piazza della Repubblica sotto un sole infuocato e anticipa che Grillo «farà una sorpresa». Almeno all’inizio, la scena è sua: «Un presidente, c’è solo un presidente», cantano i 5 stelle, richiamando il coro scandito mercoledì in piazza del Duomo a Milano. Qualcuno ci fa caso e, allora, scatta immediato un «chi non salta Berlusconi è». Ressa spaventosa di giornalisti e telecamere, tutti aspettano l’arrivo di Schlein. La leader dem è a soli 100 metri, aspetta seduta sul marciapiede, dietro un chiosco di bibite, in compagnia di Marco Furfaro e Alfredo D’Attorre. È appena arrivata in treno da Bologna, andrà a prendere un altro treno per tornarci dopo circa un quarto d’ora. Tanto dura la sua partecipazione alla manifestazione, «è venuta giusto a farsi due foto», maligna un parlamentare M5s. Conte la vede arrivare e si fa largo nella calca per abbracciarla e baciarla: è l’immagine che tutti aspettavano, decine di telefonini sollevati a scattare. Scambiano solo poche parole: «Di percorso ne abbiamo da fare, ma assolutamente questo è un buon passaggio. Grazie per essere venuta», dice l’ex premier. «Giusto esserci, avete fatto bene a mobilitarvi, Giuseppe, dobbiamo lavorare insieme per il salario minimo e per il reddito», risponde la segretaria Pd. Altro abbraccio e Schlein prova a ritornare sui suoi passi, viene braccata dai giornalisti: «Ci tenevamo a portare un segnale di volontà di unire le forze con le altre opposizioni». Poi via verso la stazione, mentre c’è chi la applaude e chi vuole un selfie, pur avendo la maglietta con le 5 stelle. Ma c’è anche chi le grida «basta armi, sei come Letta», o addirittura «sei peggio della Meloni». Non una vera contestazione, ma lo stesso Conte l’aveva messa in guardia sul rischio di qualche attacco isolato.
Nel frattempo, il presidente M5s cerca faticosamente di guadagnare la testa del corteo. All’inizio si parla di 5mila persone, poi fonti del Movimento ne stimeranno 15mila: la realtà sta più o meno nel mezzo. Fatto sta che l’organizzazione è nel caos, lo striscione che dovrebbe aprire il corteo resta indietro, come il gruppo di Conte. È a quel punto che l’avvocato scatta sulla fascia sinistra, lungo via Cavour, correndo in discesa per riportarsi davanti. Arrivato in fondo, ai Fori imperiali, condivide la sua soddisfazione con La Stampa: «Abbiamo dimostrato che l’opposizione c’è, la gente non è andata al mare per esserci – sottolinea – queste persone sono maggioranza nel Paese». Lavoratori sottopagati, occupabili destinati a perdere il reddito, esodati del Superbonus, studenti alle prese con il caro affitti, sul palco si alternano le storie di precarietà. Poi Moni Ovadia getta benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, «provocata dall’espansione della Nato, non dall’invasione dell’uomo nero».
È già abbastanza, ma all’improvviso arriva lui, come fosse di passaggio, «da dove si entra?», chiede Grillo al cronista de La Stampa. Abbraccia Conte, sale sul palco. «Figli miei, come vi siete ridotti – esordisce – vi hanno preso con i pullman alla bocciofila?». Poi arringa la piazza: «Dovete rifare le battaglie sui territori, mandate i progetti a Conte, prima o poi li capirà», la feroce ironia del fondatore. Il presidente ascolta impassibile, anche la battuta sulle brigate di cittadinanza, e forse ripensa a quella telefonata di troppo. —