Giorgia apre ai renziani, telefonata giallorosa

Wanda Marra e Giacomo Salvini

Giorgia Meloni oggi partirà mettendo sul tavolo la sua proposta originaria, ovvero il presidenzialismo. Ma è disponibile anche al premierato. L’importante, ha detto la premier ieri ad Ancona per il comizio di chiusura per le Amministrative, è fare la riforma costituzionale anche senza le opposizioni cercando la sponda con Italia Viva e Azione di Matteo Renzi e Carlo Calenda: “Non accetto atteggiamenti aventiniani, offro disponibilità e apertura, ma ho il mandato per fare le riforme e rispetteremo le promesse che abbiamo fatto ai cittadini”. La premier vuole isolare la segretaria dem. Le sue parole sono anche una risposta indiretta a quanto fatto filtrare dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, che ieri mattina durante la segreteria dem ha dato la linea: “Noi siamo un partito responsabile, per questo ascolteremo il governo. Ma la priorità nel Paese è la riforma della Costituzione?”.
Lei e Giuseppe Conte si preparano invece a dire di no a riforme condivise. I due si sono sentiti ieri sera e non possono che giocare di sponda in questa partita. Tanto è vero che il leader M5S oggi sarà al tavolo sulle riforme costituzionali, convocato dalla premier con tutte le forze politiche: è stata Meloni stessa a modificare il calendario per permetterglielo.
Il tavolo, date le premesse, è destinato al fallimento. Che non verrà sancito definitivamente oggi, non fosse altro perché ci sono una serie di sherpa tra i costituzionalisti (da Francesco Clementi, che fu tra gli sponsor al sì della riforma di Renzi al consigliere giuridico di Meloni, Francesco Saverio Marini) che spingono per arrivare a una forma di premierato.
Il piano inclinato è, però, già partito. Ieri Maria Elena Boschi ha consegnato a un’intervista a Libero il sì di Italia Viva a fare con il centrodestra il premierato elettivo. Quel “Sindaco d’Italia” che è uno dei pallini di Matteo Renzi dalle origini. E Calenda è sulla stessa linea: “Noi siamo per fare le riforme anche con la maggioranza, ma non devono toccare il presidente della Repubblica”, dice al Fatto. Dunque, la maggioranza può procedere da sola. “Noi non ci impicchiamo ad una soluzione imponendola agli altri. Siamo disponibili al confronto. Se ci fosse un no preventivo che non ci lascia andare avanti dovremmo procedere da soli, ma non è questo il nostro obiettivo”, ha dichiarato ieri il ministro Luca Ciriani. E poi Antonio Tajani al comizio elettorale di Ancona ha spiegato al Fatto: “Se l’opposizione si divide? Ad esempio potremmo fare con Renzi, e senza i due terzi in Parlamento facciamo il referendum e decideranno gli italiani”. La strategia della premier quindi è chiara: presentare entro giugno un ddl governativo sul premierato e poi chiedere i voti a Renzi e Calenda.
Lo scontro nel governo riguarda anche l’autonomia. La strategia di Meloni, dicono fonti di governo, è quella di rallentare il disegno di legge Calderoli. Insieme alle riforme. “Devono andare parallelamente”, continua Tajani.
D’altra parte la premier da presidente elettivo e premier elettivo non si muove. Due proposte che per il Pd sono irricevibili: il partito oggi alla premier ricorderà che le emergenze sono il lavoro e le questioni sociali, non certo le riforme. Anche perché al Nazareno sono convinti che quella di Meloni sia una parata per coprirsi sul fronte interno. E dunque, non è il caso di andarle dietro. Il punto è politico: Schlein non può fare le riforme con Meloni se il leader dei Cinque Stelle non ci sta. E su questo Conte è stato chiarissimo. Tanto è vero che è stata lei ieri a chiamare l’Avvocato, dopo aver parlato anche con gli altri leader dell’opposizione.