IL CASO

Maria Berlinguer
Roma
Fermare l’invio delle armi. Costringere il governo italiano a diventare promotore di un tavolo per la pace. La staffetta per la pace, nata dall’appello lanciato da Michele Santoro e da moltissimi intellettuali ha portato qualche migliaio di persone da Aosta a Lampedusa, a percorrere un simbolico chilometro per superare quella che Santoro ha definito la «montagna più difficile da scalare, quella dell’indifferenza» sulla guerra. Monsignore Bettazzi a Ivrea con Piergiorgio Odifreddi e Marco Revelli, Massimo Cacciari a Padova, Jo Squillo e Daniele Novara a Piacenza, Alessandro Bergonzoni a Ferrara, piccoli e grandi cortei. Una lunghissima catena di cittadini ha coperto i 4mila chilometri della staffetta per la pace collegandosi con Michele Santoro a Lampedusa con alcuni parlamentari italiani ed europei. «Quello che si è visto è un unico abbraccio per la pace che tiene insieme tutte le motivazioni, quella religiosa e quella laica, un movimento che va dai giovani delle associazioni fino ai padri centenari come don Bettazzi, una figura del cristianesimo mondiale e amico personale di papa Francesco», dice Santoro, molto contento per la riuscita della staffetta malgrado ne denunci la quasi totale assenza di copertura mediatica. Negli ultimi due giorni è saltato in numero di Whatsapp per le adesioni. A Roma a sfilare da Borgo Pio a Castel Sant’Angelo c’erano Moni Ovadia, Fiorella Mannoia, Massimo Wertmuller, Fausto Bertinotti, Raniero La Valle, Marco Travaglio. «Io ho lavorato con gli ucraini, ho fatto un musical con sei ballerini, non li ho mai sentiti parlare in ucraino. Ho ospitato tre profughe ucraine, la nipote, la mamma e la nonna parlavano solo un russo spettacoloso. La cultura politica dei democratici, che sono peggio degli americani, è l’oggi, non c’è il passato», assicura Ovadia. «Vogliono dividere la Russia in 40 Paesi, allora faccio un’osservazione da quinta elementare. La Nato, che si dice alleanza difensiva, con le bombe atomiche si è sempre di più avvicinata ai confini ed è logico che Putin si sia fatto una domanda: mi considerate un nemico? E io come devo considerarvi? Ho le minute delle conversazioni di due presidenti americani con Gorbaciov, in cui si diceva che la Nato non si sarebbe avvicinata di un pollice alla Russia», ricorda Ovadia. «Noi abbiamo visto morti distruzioni, cadaveri. Abbiamo visto durante il bombardamento dell’Iraq i bambini morti, mutilati, dilaniati?», interviene Mannoia. «Io sono con il popolo ucraino non con quel farabutto di Zelensky. I sovietici hanno avuto 27 milioni di morti. Zelensky, quando arriverà la fine della guerra, sarà finito, per questo chiede armi che poi andranno nelle mani della malavita», incalza Ovadia. «Quello che fa più schifo di tutto è che con la gente che ancora muore si stanno spartendo la ricostruzione. Dietro i soldati ci sono sempre i mercanti. Io sono sempre stata per la pace. Oggi è davvero intollerabile che se dici di volere la pace e chiedi che la smettano di mandare armi finisci nelle liste di proscrizione e ti accusano di essere filo Putin», sottolinea la cantante. «La sinistra? La sinistra è morta, c’è una sinistra sociale, dobbiamo avere una percezione precisa del tempo in cui si vive e l’aria del tempo è quella della guerra. Le parole della guerra, dobbiamo resistere all’aria del tempo e per questa ragione è il tempo non del raccolto ma della semina, è il tempo di lavorare a risvegliare le coscienze, dobbiamo fare iniziative fondate sulla partecipazione personale e di comunità. Naturalmente dobbiamo evitare un errore di lettura, aspettarsi domani mattina un movimento della pace come quelli che abbiamo conosciuto quando 210 milioni di persone si sono riunite contro la guerra in Iraq. Quel tempo è lontano, ora è il tempo della semina». La staffetta si chiude a Lampedusa davanti all’hotspot. Santoro consegna a Aboubakar Soumahoro a Piernicola Pedicini e Franco Mari una bandiera della pace che sarà consegnata ai migranti stipati come sempre. «A Lampedusa o si fa l’Europa o muore», ricorda Santoro. —