IL PRESIDENTE DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE IERI IN VENETO OGGI IN PIEMONTE, A MAGGIO CHIUDERÀ AL SUD
Federico Capurso
Roma
Più della partenza, conta l’arrivo. La chiusura della campagna elettorale di Giuseppe Conte per le amministrative del 14 e 15 maggio, non a caso, sarà nel suo fortino elettorale, al Sud. Si inizia quindi dal Nord, dal Veneto, per poi proseguire oggi in Piemonte, tra Ivrea e Novi Ligure, e gradualmente ridiscendere il Paese.
L’ex premier, in questi territori, non si lancia in pericolose previsioni sui risultati: «Le percentuali non le so, non sono un indovino – dice dalla tappa di Treviso -, spero però in un riscontro importante». La parola “vittoria” non viene pronunciata. Forse, neanche pensata. A giudicare dai sondaggi interni, quella della prudenza sembra la strada più saggia: «In alcuni comuni del Nord, come Movimento, contiamo di prendere tra il 4 e l’8 per cento – rivela uno dei big del partito -. In altri, purtroppo, rischiamo di fare anche meno». Al leader dei Cinque stelle non manca l’impegno, parla alle piccole imprese, si scaglia contro «le multinazionali che ne distruggono il tessuto identitario», ma sa bene che il muro da scalare sopra il Po è ancora alto. Al Sud le aspettative sono migliori. In Sardegna sono i Cinque stelle a trainare il Pd, in Sicilia la scommessa è di superarlo, così come in Campania e in Puglia. Lo sguardo è sempre posato sulle mosse dei quasi-alleati. Perché anche questo voto avrà un peso nelle future discussioni sugli equilibri interni al centrosinistra, sulla bilancia dei candidati comuni, sulle battaglie da condurre insieme.
E la segretaria del Pd Elly Schlein, nel frattempo, che fa? Partita dalla Toscana, dopo la sosta di questa settimana, sbarcherà in Sicilia. A guardarle bene, le agende elettorali di Conte e Schlein sono perfettamente sincronizzate per non incontrarsi mai. Distanti, soprattutto per volontà del leader del Movimento che teme, ancora oggi, che le mire del Pd di Schlein non siano poi molto diverse rispetto al passato: «Un obiettivo egemonico sul campo progressista», per dirla con il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, nel modo più chiaro possibile. Non un’alleanza tra pari, dunque. Con questo sospetto, Conte non può avere alcun interesse a salire sul palco con Schlein. D’altronde, «chi avrebbe l’onore di parlare per ultimo?», si chiedono nel Movimento. Domanda intorno alla quale si aggrovigliano tutte le paure di mostrarsi subalterni, di vedere corroso il proprio elettorato. «Per costruire un coordinamento efficace occorre anche un po’ di tempo, non basta un incontro di vertice», riconosce lo stesso Conte. «L’importante è, nel merito, cosa si fa insieme. E su questo – avverte – dobbiamo lavorare».—

