ANCHE IL PARLAMENTO UE CRITICO VERSO IL GOVERNO E I SINDACI NON MOLLANO: “NOI ANDIAMO AVANTI”
serena riformato
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A poco è servita persino la risoluzione con cui il Parlamento europeo ha condannato la decisione del governo italiano di impedire la registrazione dei figli di coppie gay. Ai sindaci che hanno intenzione di ignorare la richiesta del Viminale, la ministra della Famiglia Eugenia Roccella anche mercoledì alla Camera ha ribadito che in quanto «ufficiali dello Stato» si devono limitare all’applicazione delle norme perché è «in Parlamento che le leggi si possono cambiare». Ma le norme in materia – escluse le sentenze dei tribunali – non ci sono e non sarà questa maggioranza a colmare il vuoto legislativo. Né a lasciare che sia l’Europa a farlo: il 14 marzo, infatti, la commissione Politiche europee del Senato ha bocciato la proposta di regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie omosessuali e l’adozione di un certificato europeo di filiazione.
Il testo della Commissione europea di Ursula von der Leyen – giudicato troppo invadente dal Parlamento italiano – proponeva un principio semplice: se un bambino viene registrato come il figlio di una coppia in uno Stato dell’Unione, qualsiasi altro Paese membro deve riconoscerlo come tale. Quale che sia il sesso dei due genitori. Non sarà così in Italia. Il 15 marzo la posizione del governo è diventata un divieto: il comune di Milano ha dovuto interrompere le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia, per effetto di una circolare del prefetto di Milano Renato Saccone, espressione del ministero dell’Interno. I sindaci di Roma, Napoli, Torino, Firenze, Milano, Bologna e Bari (tutte città amministrate dal centrosinistra) fin da subito hanno detto no alla linea imposta dal Viminale chiedendo – invano – un confronto con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Nell’attesa di una legge, i primi cittadini “ribelli” continueranno a procedere alla «trascrizione integrale dei certificati di nascita costituiti all’estero con due mamme – specificavano in una nota – non riconducibili a una gestazione per altri». Ed è questo il punto: la ministra per la Famiglia Roccella ha ripetutamente citato la sentenza 38162 del 2022 della Corte di Cassazione a sezioni unite, secondo cui i certificati di nascita con due papà allo stato attuale non possono essere trascritti perché riconducibili alla maternità surrogata, vietata dal nostro codice penale. Ma nella stessa pronuncia, al paragrafo 23 delle motivazioni, vengono riassunte le passate decisioni della Cassazione che autorizzano la trascrizione dell’atto di nascita estero con due madri.
La battaglia degli amministratori locali il 29 marzo è arrivata a Bruxelles con la voce del sindaco di Milano, Beppe Sala. L’Europarlamento si è espresso due giorni dopo con una posizione netta di condanna verso «le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali». Secondo gli eurodeputati, la decisione dell’esecutivo rappresenta «una violazione diretta dei diritti dei minori quali elencati nella Convenzione delle nazioni Unite sui diritti dell’infanzia» e «porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso ma anche e soprattutto dei loro figli». —

