L’INTERVISTA

luca monticelli
roma
«Dire che alle Fosse Ardeatine vennero trucidati 335 innocenti “solo perché italiani” è una stupidata». Michele Sarfatti, per quasi 15 anni direttore del Centro di documentazione ebraica di Milano, è uno storico studioso della persecuzione antiebraica e della storia degli ebrei in Italia nel XX secolo. «La presidente Meloni la storia non la conosce o forse non la vuole conoscere, farebbe bene a studiare», attacca. Ma non basta, secondo Sarfatti la premier deve scegliere: «O rinuncia al governo o alle origini del suo partito».
Professore, chi erano le vittime uccise alle Fosse Ardeatine?
«Persone arrestate perché nocive o inutili per la Repubblica sociale italiana e per l’occupante tedesco».
Ci furono connivenze con i nazisti da parte di fascisti e repubblichini?
«Le vittime della strage vennero arrestate da italiani o da tedeschi a seconda dei casi, su quello non c’è dubbio. Una parte di essi erano ebrei in attesa di essere deportati e uccisi ad Auschwitz, una parte erano partigiani o antifascisti arrestati per le loro attività, e poi c’erano persone che non c’entravano molto, ma non furono scelte perché italiane».
Quello di Meloni allora è proprio un errore storico.
«L’italianità non fu il motivo per cui furono scelti. Certo, i cittadini che erano già in carcere erano quasi tutti italiani. Allo stesso modo si può dire che quelli che hanno ammazzato avevano più di dieci anni perché in carcere non c’erano persone con meno di dieci anni. Siamo in una tale ovvietà di cose che diventa anche difficile scendere in polemica e contestare la presidente Meloni. Con tutto il rispetto, ha detto una cretinata».
Non è il primo scivolone in cui incappa il governo di destra quando si parla di episodi che riguardano il fascismo. Prima la polemica sulla fiamma nel simbolo di FdI, poi la condanna delle leggi razziali senza citare il fascismo e infine il busto di Mussolini a casa di Ignazio La Russa rivendicato con orgoglio.
«Meloni e i colleghi di FdI vogliono far convivere il fatto di essere al governo di una repubblica nata dall’antifascismo ed essere un partito che deriva dal fascismo. La cosa non è possibile. Non sto dicendo che sia giusta o sia sbagliata, semplicemente non è possibile. Meloni scelga: o rinuncia al governo o rinuncia alle origini del suo partito».
E cosa deve fare per rinunciare alle origini di FdI, stracciare il simbolo? Abiurare?
«No, le abiure non servono, deve studiare cosa è accaduto e deve dirlo nei suoi discorsi, non è difficile. Serve lo studio, prendere un buon libro di storia e leggerlo. La parola di Primo Levi che più mi piace è “considerare”, appare in apertura di “Se questo è un uomo”. “Considerare” significa sedersi un attimo, prendere qualcosa da leggere, aprire la mente e, appunto, considerare cosa è accaduto. Per farlo è necessario studiare. Il consiglio che do a Meloni è quello di considerare».
Si dice spesso che l’Italia non ha fatto del tutto i conti con la storia, oggi c’è un tentativo di minimizzare le responsabilità storiche del fascismo?
«In parte i post fascisti ne sono orgogliosi di quelle responsabilità. Non è un semplice minimizzare, vogliono stare di qua e di là allo stesso tempo, ma questo non è possibile».
Forse è un modo per mantenere il consenso che viene dall’estrema destra.
«Quello è un problema loro. Io vedo Meloni e gli esponenti FdI aggrovigliati in una matassa, non riescono a uscire da questa condizione. Ripeto: devono scegliere da che parte stare. E l’unica cosa che li può aiutare è lo studio dello storia». —