
Nota l’assenza di Schlein a Montecitorio. E i dem “rispondono” ignorando il suo intervento
Luca de Carolis
Questa volta lo sfidante è l’avvocato. Questa volta nell’Aula di Montecitorio è Giuseppe Conte ad attaccare frontalmente Giorgia Meloni: “Lei dice di averci messo la faccia sulle armi, ma è una faccia di bronzo, sta portando l’Italia in guerra”. La premier sogghigna e talvolta risponde a voce alta, i Cinque Stelle battono le mani, i pochi dem ai loro scranni non muovono un muscolo, Nicola Zingaretti ha addirittura le cuffiette. Ma tutto questo Elly Schlein non lo vede. Una settimana dopo il question time in cui la segretaria dem aveva sfidato la premier sul salario minimo legale – totem sottratto ai Cinque Stelle, per l’irritazione di Conte – Schlein diserta le comunicazioni di Meloni alla Camera sul Consiglio europeo e va proprio a Bruxelles, dove ieri sera ha visto gli eurodeputati dem. Forse, è il sospetto di tutti i grillini, perché a Montecitorio si parlava anche di armi all’Ucraina, nodo su cui la deputata è in oggettiva difficoltà. Così Conte dal microfono cerca la gola di Meloni, ma ai suoi dopo racconterà la sorpresa per non aver visto Schlein a Montecitorio.
Perché a oggi la sua prima avversaria è la segretaria del Pd, che gli sottrae spazio a sinistra. Anche per questo l’avvocato non aveva preso la parola nel question time. Voleva ritagliarsi la sua sfida con la leader di FdI, senza dividere la scena con la dem. “Con la premier c’è una forte contrapposizione politica, ma anche rispetto reciproco”, dirà poi ai suoi l’avvocato. Colpito anche dai segnali dissonanti della Lega rispetto al governo: “Nella discussione generale ha parlato solo Stefano Candiani…”. Non c’è nessun nuovo asse giallo-verde, giurano dal M5S. E comunque il cuore della giornata resta il duello con Meloni. Poco prima dell’intervento dell’ex premier, lei censura “il buco da 40 miliardi provocato dal Superbonus”, anatema contro un altro stendardo del M5S.
Così il Conte con poca voce parte proprio da lì: “La voce l’ho persa ieri, dandola agli esodati del Superbonus, che erano a qualche centinaio di metri da qui; erano in preda alla disperazione per non essere ascoltati da lei, presidente”. Ci mette foga l’avvocato, che però scivola citando il “delitto Andreotti”, mentre voleva riferirsi a quello di Giacomo Matteotti. Meloni fa un sorrisino, accanto a lei il ministro della Giustizia Nordio ride forte. L’ex premier si corregge e continua, attaccando la premier per “le continue giravolte” e per “aver abbassato le tasse agli evasori”. I dem rimangono immobili. Anche quando l’ex alleato picchia sui diritti civili, e in questo caso il tema sarebbe innanzitutto di Schlein: “Avete respinto il regolamento europeo per la registrazione dei figli di coppie omogenitoriali, come solo in Polonia e Ungheria”. Ma il cuore del discorso ovviamente è la guerra in Ucraina: “Il 1° marzo 2022 il Parlamento approvò un decreto che autorizzava Draghi a inviare forniture militari all’Ucraina, ma con precisi limiti. Noi 5 Stelle, non senza tormenti di coscienza, decidemmo di non abbandonare un Paese aggredito, nella convinzione che alle armi si affiancasse una forte iniziativa diplomatica”. Ma oggi, sostiene Conte, “possiamo dire che quei limiti e quelle premesse sono stati traditi, prima da Draghi e adesso dal suo esecutivo, che è la brutta copia del governo Draghi”. Meloni lo guarda con sorriso gattesco. Lui insiste: “Ci state trascinando in guerra, per inseguire una vittoria militare sulla Russia”. Parole rivolte anche al Pd che non cita. Il bersaglio dichiarato resta Meloni, accusata “di schietto appoggio alla lobby delle armi” e di “patriottismo d’accatto”. Poi la chiosa sui migranti: “Da premier ho perorato in Europa un meccanismo per imporre sanzioni economiche agli Stati riottosi ad accettare la redistribuzione dei migranti. Vada a Bruxelles e lo imponga ai suoi amici sovranisti dell’Est”.
Meloni va a pranzo al Quirinale, Conte si ferma con i cronisti. “Un incontro con Schlein non è in agenda, non ne abbiamo parlato: voi giornalisti pensate che si debba fare tutto subito, ma io bado alla traiettoria”. Ma c’è anche una battuta su Beppe Grillo, con cui si è visto ieri sera: “Non mi iscriverei alla sua Chiesa dell’Altrove, sono cattolico…”. Sorrisi. Ridono meno i suoi deputati, che per errore in Aula hanno votato un pezzo della mozione del Pd, favorevole all’invio di armi all’Ucraina. “C’è stato un malinteso, abbiamo rettificato” faranno poi sapere.
