GENOVA PESANO LE POLITICHE DI PECHINO, MA ANCHE LE OPERE NON ANCORA CONCLUSE
il caso
Alberto Quarati
Cinesi in uscita dalla compagine azionaria della Apm Terminals Vado Ligure, la società che gestisce i terminali marittimi Vado Gateway e Reefer Terminal nel porto più a Ponente amministrato dall’Autorità di sistema del Mar Ligure Occidentale.
All’inizio del mese scorso la società Apm (il braccio terminalistico del gruppo Maersk) ha riacquistato il 9,9% che la Qingdao Port International Development deteneva, rafforzando così la propria posizione e portandola al 60%.
Ma secondo indiscrezioni, in manovra ci sarebbe anche la Cosco Shipping Ports, che sarebbe data in uscita, pure se non a strettissimo giro.
A motivare queste operazioni ci sarebbero più fattori: a livello generale, la politica di disinvestimento da parte della Cina su attività considerate non strategiche: si ricorderanno ad esempio le tensioni tra il governo tedesco e Pechino sull’ingresso al 35% della Cosco nel terminalista Hhla, o l’addio al porto di Duisburg, che è il più grande scalo fluviale d’Europa.
In effetti, per quanto riguarda la Qingdao Port, Vado era l’unico investimento fuori dallo scalo di Qingdao, grande città a metà strada tra Shanghai e Pechino.
Per la Cosco invece, che nel settore è un colosso e opera in 37 porti in tutto il mondo, la questione sarebbe legata a una certa insoddisfazione sulla competitività del terminal vadese. Cuore della Cosco, oltre ai porti, sono infatti le navi: e la Cosco Shipping Lines è il quinto operatore mondiale nel trasporto dei container. Le compagnie di questo settore organizzano il trasporto in servizi: proprio come le navi da crociera, mettono cioè un tot di navi a toccare un numero fisso di porti lungo le rotte internazionali.
Vado per esempio è toccata da due servizi della Cosco, Genova da sei: uno dei motivi per cui i cinesi sono entrati in società nel terminal di Vado (operativo dal 2020, oggi movimenta circa 300 mila container l’anno, il potenziale è 800 mila) era perché in sostanza c’erano ruggini con Genova, in particolare con la Psa di Singapore, che gestisce il terminal di Pra’.
Tuttavia, dopo tanti anni, le posizioni si sarebbero un po’ riavvicinate, vuoi per una serie di investimenti, vuoi per qualche politica tariffaria più azzeccata, e ora qualche ragionamento interno al gruppo Cosco su una possibile smobilitazione, o riduzione delle quote nel terminal di Vado, sarebbe effettivamente in corso. Certo, bisognerà vedere come questi ragionamenti di tipo commerciale si rapportino con la strategia del gruppo Cosco (cioè del governo cinese), che sul fronte dei porti europei ha disposto una scacchiera con due presìdi nel Mediterraneo, e cioè il grande porto del Pireo a Oriente, e il nascente scalo di Vado a Occidente.
Detto questo, dicono fonti di settore, perdere Cosco, gestire Vado stand-alone o magari con un nuovo socio, non sarebbe per Maersk un problema: a Vado stanno confluendo le linee dello stesso gruppo danese (Maersk Line, Sealand, Hamburg Sud), e poi Oocl, One, Marguisa per fare degli esempi.
Tuttavia, è altrettanto vero che Vado oggi non può ancora esprimere del tutto le proprie potenzialità e questo non certo per le capacità manageriali con cui il terminal è gestito, quanto per una serie di condizioni oggettive in cui questa infrastruttura si trova ora a operare.
La Diga foranea va ancora completata, ma sono soprattutto i collegamenti a terra del terminal a latitare: la strada a scorrimento veloce è stata appaltata ma non ultimata, mentre il fondamentale casello di Bossarino, addirittura previsto nelle prescrizioni legate alla costruzione del nuovo terminal e che serviva a mettere in connessione il terminal all’Autostrada e previsto dall’Accordo di programma del 2008, è piantato al ministero dell’Ambiente per la Valutazione di impatto, mentre gli interventi ferroviari sono in corso adesso (quello a carico di Rfi dovrebbe partire tra circa un mese). —

