L’INTERVISTA
È da poco passata l’ora di pranzo, Vincenzo Luciano è a casa, in uno dei rari momenti di riposo. Nell’ultima settimana avrà dormito al massimo quattro-cinque ore ogni notte. È uno dei primi pescatori a essere accorsi domenica mattina sulla spiaggia di Cutro all’improvviso trasformata in cimitero. Ha 50 anni, è nato a pochi metri da questa distesa di sabbia che ha visto naufragare una barca carica di migranti e ha sempre vissuto qui. Da domenica non smette di perlustrare la battigia per recuperare i corpi dei dispersi che il mare sta lentamente restituendo. Con il suo fuoristrada passa su e giù dalla mattina presto fino all’ora di pranzo poi torna a casa per una doccia, un rapido pasto, un momento di riposo. Alle tre di pomeriggio riprende le ricerche e va avanti fino a notte fonda.
Anche ieri sono stati ritrovati due corpi.
«La prima aveva due o al massimo tre anni. Era in condizioni tremende. Non mi faccia dire altro, sono passati quasi sette giorni, ora i corpi sono molto diversi dai primi che abbiamo recuperato».
Dov’era il corpo della bambina?
«Verso la zona di Le Castella, lo ha trovato una ragazza delle Misericordie. L’ho aiutata, non è facile adesso prendere questi corpi».
Quanto tempo passa in spiaggia?
«Dalle 6 della mattina fino a mezzogiorno. Poi faccio una pausa. E riprendo verso le tre di pomeriggio. Vado avanti anche fino a mezzanotte, l’una, ho un faro, lo tengo con la mano mentre guido, riesco a vedere quello che c’è in mare anche se è buio».
Da domenica scorsa trascorre in spiaggia anche quindici ore al giorno. Perché lo fa?
«Lo sto facendo per me stesso. Non possono stare fermo se ci sono dei corpi in mare. Ieri (due giorni fa, ndr) sono tornate sulla spiaggia delle mamme. Vorrebbero almeno i corpi dei loro figli e io ho promesso a queste donne che li troverò. Non riesco più a dormire, sento che devo andare».
Ci sono anche altre persone che si stanno occupando delle ricerche.
«È vero ma preferisco esserci anche io. Non tutti riescono a prendere i corpi, non è semplice e, più passa il tempo, più aumentano le difficoltà».
Due giorni fa è stato avvistato un corpo che galleggiava, una persona si è tuffata ma non è riuscita a prenderlo. Il corpo è stato trascinato di nuovo verso il largo dalla corrente.
«Sì, era mio cugino quello che è entrato in acqua. Ripeto, non è facile. Dopo tutto questo tempo i corpi sono gonfi d’acqua, scivolosi».
Bisogna usare una tecnica particolare per recuperarli?
«No, è una questione di coraggio. Sono esseri sfigurati, a volte mutilati, come l’ultimo che è stato trovato. Fanno impressione, non tutti riescono ad avere il coraggio di prenderli. Io invece non mi spavento e so come si fa, è una cosa mia. Io conosco vita, morte e miracoli di questo posto, sono nato qui, abito a 300 metri dalla foce dove è andata a finire la barca dei migranti».
Fino a quando pensa di continuare le ricerche?
«Fino a quando non li troviamo tutti».
Secondo i Vigili del Fuoco questa ricerca potrebbe non avere mai fine, i corpi potrebbero essere portati anche lontano da qui dalla corrente.
«Non ascoltate i Vigili del Fuoco. Io conosco come si muovono le correnti da queste parti. Tra 10 giorni i corpi usciranno fuori, la corrente li riporterà qui e io troverò la bambina che la mamma mi ha chiesto di cercare. Era qui sulla spiaggia, piangeva. Mi ha detto che aveva due figlie, una è morta, l’abbiamo trovata. L’altra risulta ancora dispersa. Avrà 4-5 anni, mi ha pregato di trovarla e io non avrò pace finché non avrò esaudito il desiderio di quella donna. Queste persone hanno il diritto ad avere almeno un corpo su cui piangere. Per me è un dovere, qualcosa che non posso non fare. Questa spiaggia è un po’ anche mia, anche se ci sono i soccorritori, quando sei un pescatore che è nato da queste parti conosci meglio come muoverti, dove andare. E io so che ora tocca a me occuparmi di riparare al torto che hanno subito queste persone». fla. ama. —

