25 mila € di rimborsi da Regione Piemonte

Marco Grasso

Il governo Meloni ha la sua prima pregiudicata: la Corte di Cassazione ha confermato una condanna definitiva a un anno e sei mesi nei confronti della sottosegretaria all’Istruzione, Augusta Montaruli. L’accusa è di peculato e la sentenza si riferisce alla Rimborsopoli piemontese, una vicenda che si è trascinata per cinque gradi di giudizio.
Montaruli, pasionaria di Fratelli d’Italia, durante il suo mandato da consigliera regionale fra il 2010 e il 2014 ha beneficiato di 25 mila euro di rimborsi (la contestazione iniziale era di 41 mila euro) che nulla avevano a che fare con la sua carica politica. Dalla Regione Piemonte si è fatta pagare abiti Hermès e una borsettina Borbonese; cristalli Svarowsky e strenne natalizie (gianduiotti, omaggi floreali, orecchini, orologi Swatch); bisogni quotidiani, dalla lavanderia alle sigarette. E ancora: 6 mila euro per uno studio sulla propria reputazione social e 4.800 per un corso sull’uso dei social network.
La lista comprende anche ristoranti “in luoghi di prestigio”, “per un elevato numero di commensali”, o anche “in date festive”. Fra i rimborsi c’è, ad esempio, il conto di un ristorante di San Salvario. Montaruli sostiene che si trattasse di un incontro con un’associazione, ma il proprietario racconta ai magistrati che si trattava di un evento elettorale per la campagna dell’ex marito Maurizio Marrone: all’epoca la stampa locale li chiamava i “fidanzatini terribili” per via delle apparizioni ad Anno Zero. Alcune spese, concludono i giudici, sono talmente “stravaganti” ed “eccentriche” da far pensare che la consigliera confidasse nell’assenza di ogni controllo, garantita da un accordo “spartitorio” e “criminale” – si legge nella sentenza –. Tra queste, oltre ad alcuni casi già citati, ci sono due libri: Mia suocera beve di Diego De Silva, e Sexploration (sottotitolo: “Giochi proibiti per coppie”).
La Corte di Cassazione ha ridotto di un mese la condanna della Corte d’Appello (un anno e sette mesi) a cui il fascicolo era già stato mandato una prima volta per rideterminare le pene. Insieme a quella di Montaruli sono diventate definitive anche le condanne nei confronti di Roberto Cota, ex presidente della Regione Piemonte della Lega (un anno e sette mesi) e di Paolo Tiramani, ex deputato del Carroccio (un anno e cinque mesi).
Avvocato penalista di 39 anni, Augusta Montaruli comincia a fare politica quando è ancora tra i banchi di scuola. Rappresentante di Azione giovani, negli anni del governo Berlusconi critica fortemente la svolta dell’ex leader di Alleanza Nazionale: “Quello di Fini sui valori dell’antifascismo è un falso storico”. Le tracce di quel passato radicale riemergono quando viene candidata in consiglio regionale. Un collettivo universitario recupera alcune vecchie fotografie che la ritraggono durante un pellegrinaggio a Predappio e in cortei con croci celtiche e braccia tese. Le sue battaglie sono legate a territori di periferia – come Barriera di Milano, Le Vallette, Borgo San Paolo – e a temi cari alla destra: degrado, sicurezza, spaccio, cortei anti-moschee. Eletta deputata, nel 2018, ha fatto parlare di sé per interventi molto duri nei confronti dello ius scholae e contro la liberalizzazione della cannabis. Adesso questa condanna rischia di creare più di un imbarazzo per la sottosegretaria, che di fatto è il primo membro del governo di Giorgia Meloni a incappare in una condanna definitiva. E c’è già chi chiede le dimissioni, come il presidente dell’Emilia-Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini: “Deve subito lasciare il suo incarico ministeriale”, ha scritto su Twitter.