
Figuraccia. La resa del ministro, mentre il Senato fa audizioni per valutare la stretta. Oggi in aula il pressing “garantista” dei renziani
Lorenzo Giarelli
Smentito dai fatti, oltreché dagli investigatori di Palermo e dalla premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è costretto alla retromarcia. Fingendo di non ricordare cosa affermava fino a un mese fa – quando dubitava dell’efficacia delle intercettazioni contro la criminalità organizzata perché “i veri mafiosi non parlano al telefono” – oggi Nordio fischietta, rifiuta di rispondere al fattoquotidiano.it su quelle affermazioni e rivendica di aver sempre difeso questo strumento di indagine, chiedendone la limitazione solo per alcuni reati minori. Il tutto mentre in Senato va in scena il paradosso: il giorno dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, la Commissione Giustizia è convocata per “un’indagine conoscitiva sul tema delle intercettazioni”, anticamera della stretta voluta dalla destra.
Nordio però cambia toni rispetto al passato. Intervenendo a Radio 24, sbugiarda se stesso: “Le intercettazioni sono uno strumento indispensabile nella lotta alla mafia e al terrorismo, sono ancor più fondamentali per comprendere i movimenti delle persone sospettate di reati gravissimi. I mafiosi non parlano per telefono dei loro programmi criminosi, le intercettazioni servono a capire con chi parlano e quali sono le loro problematiche. Nel caso di Messina Denaro, si è capito che parlando di una malattia molto grave si poteva risalire al luogo di cura”. Poi, il distinguo: “Va però cambiato radicalmente l’abuso che si fa delle intercettazioni soprattutto per reati minori. Una cosa sono le intercettazioni per la lotta alla mafia, un’altra insistere per mantenere intercettazioni costosissime e inutili su persone magari nemmeno indagate”. Il problema, come sottolinea una nota del M5S, è stabilire cosa si intenda per reati minori: “La corruzione, per esempio, è un reato minore slegato dalle condotte mafiose?”.
Ma anche Francesco Paolo Sisto, “vice” di Nordio in quota FI, capisce che aria tira e oggi elogia le intercettazioni: “Certo che sono imprescindibili, chi dice il contrario ciurla nel manico. La mafia è tutto quello che è anti-Stato, quindi è legittimato ogni strumento di indagine”. Poi, la solita postilla: “Il punto è se per gli altri reati minori, diversi da quelli mafiosi, non sia possibile un ridimensionamento di questa attività”. Come dire: nessuno si è mai sognato di delegittimare le intercettazioni, al massimo si è pensato a una piccola spending review. Non è un caso che Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia di FdI, ci tenga invece a ribadire la linea: “Le intercettazioni sono uno strumento essenziale per contrastare la criminalità. Col governo Meloni, così come per il 41-bis, non verrà mai meno una normativa per contrastare la criminalità”. Molti magistrati, infatti, obiettano che reati ritenuti minori siano “reati spia”: la loro scoperta, anche grazie alle intercettazioni telefoniche o al trojan, consente in molti casi di allargare l’indagine e arrivare a ipotizzare illeciti più gravi, anche di natura mafiosa. Da qui l’alt di Fratelli d’Italia, che ha molta più fretta di risolvere i guai generati dalla riforma Cartabia.
La posizione di FdI suona anche come un messaggio ai parlamentari di maggioranza che ieri mattina hanno presenziato in commissione Giustizia al Senato agli ordini della presidente leghista Giulia Bongiorno. Il Senato ha iniziato infatti “un’indagine conoscitiva” sulle intercettazioni propedeutica alle modifiche annunciate da Nordio. Tra gli esperti ascoltati ieri c’era anche Bruno Azzolini, presidente della sezione Gip del Tribunale di Roma, tutt’altro che convinto della necessità di una stretta: “In alcuni casi limitati e sotto il rigoroso controllo dell’autorità giudiziaria è necessario, se si vuole proseguire con le indagini, l’uso delle intercettazioni”.
Una sintesi sufficiente a smontare l’orientamento di pezzi del governo, in attesa che oggi il ministro Nordio porti in Senato la relazione sulla giustizia di inizio anno. Su questo passaggio, nel 2021, si incagliò il governo Conte (il Guardasigilli era Alfonso Bonafede), perché Italia Viva si sfilò dalla maggioranza. Oggi invece i renziani saranno di tutt’altro umore: accanto alla risoluzione di centrodestra che prenderà atto delle parole di Nordio, Azione e Iv depositeranno un testo per chiedere al ministro di “impegnarsi ad applicare le linee programmatiche esposte in Parlamento”. La solita apertura di credito, ma pure un’esortazione al ministro a non farsi mettere il guinzaglio da FdI e dar seguito alle promesse. Anche sulle intercettazioni.
