
Nelle metropoli non ci sarà un solo referente, ma 3 o 4 In 17mila aderiscono ai nuovi gruppi territoriali
Luca De Carolis
Il Movimento che prima della scissione di Di Maio era squassato da correnti e correntine, da qualche mese tira tutto da una parte sola: quella del presidente che all’inizio 5Stelle proprio non era, Giuseppe Conte. Ma ora tanti nel M5S, dai parlamentari agli eletti locali fino a certi attivisti, sbuffano in silenzio, senza per ora osare farlo in pubblico. Perché si aspettano dall’avvocato la struttura che ha tante volte promesso: cioè la nomina dei referenti provinciali, più di un centinaio di graduati che dovranno essere i volti e le braccia del Movimento in giro per l’Italia. La filiera che dovrà radicarlo sui territori, organizzando i nascenti gruppi territoriali. Mentre molti iscritti e simpatizzanti invocano anche altro, sedi o comunque luoghi fisici dove incontrarsi e incontrare. “Quando arrivano questi referenti?” si chiedono così da settimane, anzi mesi, nel Movimento.
Un quesito tutto per Conte, perché si parla di nomine dirette dell’avvocato. Sarà sua, l’ultima parola. Ed è il nodo centrale. Perché da tempo il leader consulta, valuta, soppesa pro e contro di ogni scelta. Sa che non può sbagliare, soprattutto nei grandi centri, in quelle città metropolitane come Roma e Milano dove non ci sarà un solo referente provinciale, ma mini-collegi di tre-quattro nomi. “Mettiamola così, la dittatura è veloce, ma la democrazia è lenta” teorizza Vito Crimi, veterano che del M5S è stato anche reggente per due anni difficilissimi, tra Covid, crisi di governo e altri guai, e che ora si occupa delle piattaforme del Movimento. Il senso dell’attesa prova a spiegarlo lui: “Conte non decide in solitudine, ascolta e chiede. Ma parliamo di tantissimi nomi. Una lista che va oltre i referenti, perché vanno anche sostituiti i vari membri dei comitati che sono andati con Di Maio in seguito alla scissione”. Una frattura che ha privato di due membri su cinque anche il centrale comitato per i rapporti territoriali, tuttora presieduto dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede.
Conte vorrebbe accorpare tutte le nomine, o almeno la gran parte. E questo rende tutto ancora più complicato. Assieme a cautele legate a motivi di opportunità. “Nominare un referente provinciale nel Lazio o in Lombardia prima di chiudere le liste per le Regionali poteva sembrare quasi un invito a votarlo nelle Regionarie, la selezione web dei candidati” ragiona un parlamentare della vecchia guardia. Però ora bisogna stringere, per placare l’insofferenza. Un clima in cui molti hanno notato le dimissioni da coordinatore regionale in Calabria di Aurelio Misiti, ex parlamentare molto stimato dai colleghi. Un addio che Misiti ha ufficialmente motivato così: “La mia professione di medico e i ruoli di rappresentanza nelle società scientifiche di cui faccio parte, richiedono un mio maggiore impegno temporale”. La certezza è che dai piani alti del Movimento giurano: “Conte completerà le nomine in tempi brevi, ci siamo quasi”. La lista, confermano più fonti, “è sostanzialmente chiusa”.
Ma adesso bisogna decidere. Anche perché i gruppi territoriali devono partire. “Abbiamo ricevuto oltre 17mila richieste di adesione ai gruppi” dicono ancora dai 5Stelle. E le sedi? Qui è Crimi a far notare l’equivoco: “I regolamenti hanno sempre parlato di spazi fisici, le sedi sono un’altra cosa, anche a livello normativo. Non ci servono ora”. Però la macchina deve mettersi in moto: anche se un tentativo di lavoro coordinato c’è, grazie ai referenti regionali. Lo dimostra la presentazione di mozioni contro le trivelle in Puglia e nelle Marche, come in diversi Comuni. “Lo faremo anche sulle comunità energetiche” spiegano. Mentre Conte riflette ancora: sui nomi.

