
Coautore degli studi su antibiotico-resistenza e Covid: “Le complicanze in degenza hanno colpito persone già indebolite dalla malattia”
Alessandro Mantovani
Graziano Onder da qualche mese è tornato all’Università Cattolica di Roma, dove insegna Geriatria. Prima coordinava il gruppo di lavoro dell’Istituto superiore di sanità sulla mortalità Covid. Con i suoi colleghi dell’Iss ha firmato gli studi che documentano le sovrainfezioni ospedaliere, spesso da batteri antibiotico-resistenti, nei pazienti deceduti per Covid, pubblicati su Antimicrobial Resistance & Infection Control e Frontiers in Medicine. Ne ha parlato Report nel servizio anticipato il 19 dicembre dal Fatto. “I nostri articoli – spiega il professor Onder – erano incentrati sui deceduti che avevano sovrainfezioni, ossia nuove infezioni che complicano il decorso del Covid. Nella nostra casistica sono il 19 per cento dei morti Covid, un dato in linea con la letteratura internazionale”.
Le infezioni post-ricovero erano nettamente prevalenti (88 per cento).
Esatto, ma non lo scopriamo oggi. L’ospedalizzazione può avere complicanze, tra cui le infezioni, alcune pericolose, soprattutto in terapia intensiva. Le infezioni contratte in ospedale sono le più pericolose, perché lì si selezionano germi particolarmente resistenti. Molti di quelli che abbiamo valutato avevano resistenze importanti agli antibiotici, questo perché gli antibiotici in Italia vengono utilizzati troppo e male e questo genera queste resistenze.
L’ex direttore della Prevenzione della Salute, Claudio D’Amario, con riferimento al periodo fino ad aprile 2021 e alle sovrainfezioni ospedaliere, dice a Report che “il 40 per cento dei decessi non ha nulla a che vedere con il Covid”. È corretto?
No. Noi abbiamo analizzato le schede di decesso fino al gennaio 2022 e su quella base il 90 per cento dei morti etichettati come Covid, aveva il Covid come causa principale di decesso. La compilazione delle schede di decesso è una questione piuttosto annosa, è chiaro che se una persona viene ricoverata per una polmonite Covid e si fa una sovrainfezione la causa iniziale del decesso è il Covid e poi la sovrainfezione.
È vero che un numero significativo di decessi Covid sarebbe stato evitato se avessimo avuto meno infezioni ospedaliere?
È vero, ma bisogna chiarire che l’infezione ospedaliera è una complicanza, una conseguenza del Covid. Se quella persona non avesse avuto la polmonite da Covid non sarebbe andata in ospedale e non avrebbe fatto la terapia cortisonica che favorisce altre infezioni. Insomma, è il Covid che indebolisce l’organismo.
Considerato che abbiamo avuto una mortalità Covid più alta rispetto ad altri Paesi europei, specie nel 2020 e nel 2021, è ragionevole pensare che le infezioni ospedaliere abbiano contribuito in maniera significativa?
È impossibile da dire, servirebbero dati di comparazione sulla sovrainfezione in altri Paesi. Ma l’Italia è tra i Paesi con il tasso maggiore di antibiotico-resistenza, perché gli antibiotici sono usati in maniera non appropriata. Questo può pesare sulle infezioni e sul decorso delle infezioni.
Voi scrivete che “l’impatto della pandemia sull’organizzazione dei servizi sanitari può aver interferito con l’applicazione routinaria di pratiche di prevenzione della trasmissione di microrganismi multifarmaco-resistenti”, che i tassi di antibiotico-resistenza nel periodo Covid erano più alti che in passato e maggiori al Centro-Sud rispetto al Nord del Paese.
La gestione della terapia antibiotica varia da ospedale a ospedale, da Regione a Regione. In alcune aree hanno implementato politiche di maggiore controllo e questo vale anche per chi sta a casa, in questo periodo, con l’influenza. Tutti sanno che è una malattia virale e l’antibiotico non serve, ma c’è una prescrizione di antibiotici elevatissima. Dobbiamo molto migliorare, in Europa siamo tra i peggiori.
