LA QUOTA DI STIPENDIO TRATTENUTA ORA VERRÀ USATA PER L’ATTIVITÀ POLITICA

Niccolò Carratelli
Roma
Uno sconto sulla restituzione del Tfr, per premiare gli ex parlamentari non rieletti, ma rimasti fedeli al Movimento. I vertici M5s stanno lavorando a una revisione del regolamento interno, che disciplina le modalità di restituzione di parte dello stipendio, delle varie indennità speciali percepite per gli incarichi parlamentari (presidenti, vice, questori, segretari d’Aula) e, appunto, del prezioso assegno di fine mandato. Una bozza con le modifiche allo studio è già in mano al Comitato di garanzia, composto dall’ex presidente della Camera, Roberto Fico, dall’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, e dall’ex senatrice Laura Bottici. Per i parlamentari 5 stelle rimasti fuori, perché non ricandidati a causa del tetto dei due mandati, di fatto viene previsto un condono, anche se a via di Campo Marzio nessuno accetta di definirlo così: verrà chiesto loro di versare solo il 20% della somma percepita, a cui in teoria dovrebbero rinunciare in buona parte. Parliamo di quasi 45mila euro maturati a fine legislatura, il doppio per chi ne ha fatte due, cioè quasi tutti gli uscenti.
A conti fatti, per mettersi in regola basterà versare 9mila o 18mila euro, a seconda della permanenza in Parlamento. Il resto del bonifico incassato da Montecitorio o palazzo Madama resterà nelle loro tasche.
Ne potrebbero beneficiare volti storici del Movimento, come lo stesso Fico, Paola Taverna o Vito Crimi, questi ultimi peraltro già sistemati da Giuseppe Conte con un contratto di consulenza da 70mila euro all’anno, in virtù della loro esperienza. «Da una parte c’è la volontà di premiare chi è stato leale e ha dato fino all’ultimo il suo contributo alla causa del Movimento – spiega una fonte che segue il lavoro del Comitato di garanzia – dall’altra c’è la consapevolezza che chiedendo meno ci sono più possibilità di ottenere le restituzioni». In una delle bozze girate in queste settimane, era stato ipotizzato anche il tentativo di recuperare una parte, ben più cospicua, del Tfr degli “scissionisti”, cioè gli ex deputati e senatori usciti dal Movimento insieme a Luigi Di Maio. «Ma le nuove regole non potrebbero applicarsi a chi non è più iscritto – spiegano dal quartier generale di via di Campo Marzio – non ci sarebbero le basi giuridiche per pretendere una quota del loro assegno di fine mandato».
In ogni caso l’ex ministro degli Esteri ha fatto sapere di non aver ancora ricevuto «alcuna somma relativa al Tfr» e che, quando ciò avverrà, «comunicherà le modalità con cui aiuterà la collettività». Già superata, quindi, la suggestiva idea di andare a battere cassa dai “traditori” di Impegno civico, ma la necessità di alimentare le casse del Movimento resta attualissima. E con il nuovo regolamento si volta pagina rispetto alle origini: i parlamentari 5 stelle continueranno a rinunciare a 2.500 euro del loro stipendio mensile, ma 2. 000 dovranno girarli al partito e solo 500 euro saranno destinati alla collettività. Le regole attuali per le restituzioni prevedono un equilibrio ben diverso: mille euro al partito e 1.500 per finanziare realtà onlus e microcredito per le imprese. Ma, come detto, ora servono più soldi per far funzionare la macchina politica di Conte, che deve arrangiarsi con il livello più basso di contributi statali da quando i 5 stelle sono entrati in Parlamento: all’inizio della scorsa legislatura 330 tra deputati e senatori valevano circa 16 milioni all’anno di rimborsi, ora la squadra è ridotta a 80 parlamentari e i rimborsi a circa 4 milioni annui. Le spese, del resto, non mancano: dal contratto di consulenza con il fondatore Beppe Grillo (si parla di 200mila euro all’anno) alla nuova sede a due passi da Montecitorio, che costa circa 12mila euro al mese di affitto. —