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Dal primo gennaio l’Italia continuerà a inviare armi, munizioni e aiuti all’Ucraina. E lo farà, se sarà necessario, per tutto il 2023. Sono bastati appena cinque minuti al Consiglio dei ministri per approvare il decreto legge che proroga l’autorizzazione disposta dal governo di Mario Draghi il 25 febbraio 2022, nei giorni bui in cui iniziava l’operazione speciale di Vladimir Putin.
Quasi dieci mesi dopo, sono cambiati Parlamento e governo, ma non la sensibilità della maggioranza verso gli impegni presi con gli alleati del Patto atlantico. Giorgia Meloni, in apertura di Cdm, ha lasciato subito la parola al ministro della Difesa Guido Crosetto. Sarà lui, infatti, il 13 dicembre, a presentarsi alle Camere per illustrare il senso della norma con una risoluzione su cui i parlamentari dovranno votare. Il testo del decreto prevede questo passaggio, prima della riconversione. Come avvenne con Draghi, all’inizio della guerra. Questa volta però la scelta di presentarsi davanti a deputati e senatori assume un significato ben preciso. Il governo ha accettato di accantonare l’idea iniziale di usare un emendamento all’interno del decreto dedicato al commissariamento della sanità calabrese: lo ha fatto per andare incontro alle richieste delle opposizioni e rispondere ai dubbi del Quirinale che su una materia così delicata – una proroga che varrà ancora per un anno intero – aveva suggerito un iter parlamentare più strutturato. Il 13 dicembre sarà un giorno cruciale per la guerra in Ucraina e gli sviluppi diplomatici. Perché mentre a Roma Crosetto sarà impegnato a duellare con la sinistra contraria all’invio delle armi e con il M5S di Giuseppe Conte, a Parigi andrà in scena la conferenza internazionale di pace organizzata da Emmanuel Macron. La presenza del presidente americano Joe Biden, ufficializzata ieri a Washington, al termine del bilaterale con il presidente francese, ha dato la benedizione a un vertice, che si era un po’ smarrito nelle cronache di queste settimane. Fonti francesi confermano che la conferenza sarà estesa ai principali Paesi Nato e l’invito arriverà al livello più alto, quello dei leader. Dunque, Meloni potrebbe dover aggiungere un altro appuntamento internazionale nella sua agenda, alla vigilia di un importantissimo Consiglio europeo, del 15-16 dicembre, dove l’Italia si batterà per blindare il tetto al prezzo del gas e altre misure di contenimento sull’energia. La premier avrà modo di incontrare Macron prima, tra una settimana ad Alicante, per l’EuMed. Se finalmente sarà disgelo con il capo dell’Eliseo, dopo le liti sulla nave dei migranti Ocean Viking, si capirà lì, in Spagna.
Lo spiraglio per una soluzione diplomatica – che a Parigi potrebbe trovare un suo formato – non ferma comunque il sostegno militare a Kiev. Il decreto approvato ieri in Cdm garantisce una cornice legale ai futuri provvedimenti interministeriali per l’invio delle armi alla resistenza ucraina. Tra la fine dell’anno e gennaio dovrebbe infatti arrivare il sesto pacchetto di aiuti, in continuità con le scelte del governo precedente. Ma con una probabile novità: la fornitura di sistemi di difesa aerea, vitali per proteggere le infrastrutture strategiche ucraine dagli attacchi russi.
Salvo sorprese, anche il Pd dovrebbe votare il decreto. E in qualche modo Meloni si attende il via libera dei dem dopo aver acconsentito a rinunciare alla proroga attraverso un semplice emendamento. Il M5S invece, come anticipato da Conte, voterà no. «Dopo mesi che chiedevamo che il Parlamento non fosse esautorato e che ci fosse un dibattito sul nuovo invio di armi, finalmente abbiamo ottenuto questo risultato – spiega la capogruppo in Senato Barbara Floridia – Ma la nostra posizione rimane la stessa e chiediamo che si lavori su un’escalation diplomatica». —