
Niccolò Carratelli
Roma
L’Italia continuerà a inviare armi in Ucraina anche nel 2023. Oggi è atteso in Consiglio dei ministri il decreto ad hoc, annunciato dal ministro della Difesa Guido Crosetto, per proseguire con il sostegno militare a Kiev anche dopo il 31 dicembre, quando scadrà il vigente decreto varato lo scorso febbraio dal governo Draghi. Il nuovo provvedimento è stato anticipato dalla mozione di maggioranza approvata ieri alla Camera, che impegna l’esecutivo «a prorogare fino al 31 dicembre 2023 l’autorizzazione, previo atto di indirizzo delle Camere, alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell’Ucraina». Allo stesso tempo, il testo proposto dal centrodestra invita il governo «a promuovere e sostenere, di intesa con i partner Nato ed europei, tutte le iniziative diplomatiche volte a creare le condizioni per un negoziato di pace». E, altro passaggio sensibile, si chiede l’impegno a «conseguire l’obiettivo di una spesa per la difesa pari al 2% del prodotto interno lordo entro il 2028». Non quest’ultima, ma alcune parti della mozione sono state votate anche dall’opposizione. A Montecitorio sono passate anche le mozioni presentate da Pd e Terzo polo, grazie a un gioco di astensioni reciproche, visto che il governo si era rimesso all’Aula. Mentre ha dato parere contrario alle mozioni del Movimento 5 stelle e dell’Alleanza Verdi-Sinistra, entrambe più prudenti sull’invio di armi agli ucraini. Anzi, nel caso di AVS, è stata esplicitata la richiesta di fermare le spedizioni. Mentre il testo M5s impegnava il governo «a voler illustrare preventivamente alle Aule parlamentari l’indirizzo politico sul conflitto Russia-Ucraina, compreso quello concernente l’eventuale invio di forniture militari».
La bocciatura non è andata giù a Giuseppe Conte, che da settimane spinge per arrivare a un dibattito parlamentare, «affinché sia garantito ai cittadini il diritto a una informazione trasparente», ha ribadito anche ieri. «Se il governo vuole perorare questa linea guerrafondaia non si nasconda, venga in Parlamento a dirlo», ha attaccato il presidente M5s. Che, dopo aver incassato un altro no sulla proposta del salario minimo, ha accusato il governo Meloni di «abbandonare i lavoratori in difficoltà e ingrassare la lobby delle armi». Il confronto in Parlamento, comunque, ci sarà: si ragiona sulla possibilità di inserire nel calendario pre-natalizio delle comunicazioni specifiche da parte del ministro Crosetto, con relative risoluzioni da discutere e votare. Poi, probabilmente a gennaio, si arriverà al dibattito per la conversione in legge del nuovo decreto. Nel frattempo, si spera, sarà entrato nel pieno delle sue funzioni il Copasir, il Comitato per la sicurezza della Repubblica, che vigila sull’operato de nostri servizi e anche sulla congruità dell’elenco (secretato) delle armi inviate a Kiev. Il Copasir avrebbe dovuto essere operativo entro 20 giorni dal giuramento del governo, ma ancora non è riuscito a riunirsi per eleggere il presidente, che per prassi spetta alle opposizioni. Ieri l’ennesimo rinvio, dettato dalla mancanza di un accordo tra Pd e M5s. O meglio, dal fatto che i 5 stelle non si fidano.
Non vogliono eleggere il presidente del Copasir, che dovrebbe essere un esponente dem, l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, prima di quello della commissione di Vigilanza Rai, che spetterebbe al Movimento ( Riccardo Ricciardi o Alessandra Todde). Ma Conte teme brutti scherzi da parte di Renzi e Calenda, che potrebbero trovare i numeri per far eleggere alla guida della Vigilanza Maria Elena Boschi. «Conosciamo questi giochetti, vogliono fregarci – spiega un parlamentare 5 stelle – l’elezione di Copasir e Vigilanza deve avvenire in contemporanea». Il giorno giusto potrebbe non essere, quindi, nemmeno martedì, prossima data di convocazione del comitato, visto che per la commissione i gruppi parlamentari non hanno ancora indicato i loro componenti. —
