
federico capurso
roma
Quando Giuseppe Conte si augura, in un’intervista ad Avvenire, che la società civile si muova e organizzi una manifestazione per la pace «senza bandiere di partito» e assicura che, con i Cinque stelle, «siamo pronti a fare la nostra parte», sa già che qualcosa si sta muovendo. Le Acli (Associazioni cattoliche dei lavoratori) e l’Arci, la più capillare associazione culturale del Paese, sono pronte a scendere in piazza, a Roma, tra la fine di ottobre e i primi di novembre. Una grande manifestazione nazionale per la pace alla quale si dovrebbero unire la «Rete per la pace e il disarmo», di cui fanno parte Acli e Arci, e anche i sindacati, invitati a aderire. Con l’obiettivo finale di produrre un manifesto per la pace e alzare la pressione sul nascente governo.
Conte è rimasto in stretto contatto con le due associazioni che per prime si sono fatte promotrici della mobilitazione e anche ieri, dopo la riunione convocata dall’ufficio di presidenza delle Acli in mattinata, si è fatto sentire per restare aggiornato sugli ultimi sviluppi dell’iniziativa. Per il leader del Movimento 5 stelle non è, quindi, solo un pungolo ideale, utile a esercitare pressioni per riaprire il canale della diplomazia, ma anche e soprattutto un’occasione d’oro per strappare al Pd la sua radice pacifista. I due piani, in fondo, si tengono insieme. Da una parte la spinta per dare risalto a un tema su cui batte dall’inizio della campagna elettorale, dall’altra l’obiettivo di ottenere un ruolo sempre più centrale all’interno del campo progressista, mostrandosi come un punto di riferimento affidabile agli occhi di alcune tra le più importanti realtà associazionistiche, laiche e cattoliche. D’altronde, anche su questo tema un tempo identitario per la sinistra, il Pd si trova costretto a rincorrere, con un’adesione timida all’idea di una manifestazione, espressa peraltro solo da alcuni pezzi del partito. I vertici del Nazareno, invece, si mostrano silenziosi. Ed è vero, Conte assicura di non voler mettere il cappello sulla manifestazione ma, in termini politici, lo ha già fatto lanciando quell’appello dalle pagine di Avvenire.
Anche il presidente di Arci, Daniele Lorenzi, riconosce «la positiva sollecitazione» arrivata da Conte, «ma noi – sottolinea – su questo tema, c’eravamo già da tempo». Non vuole che se ne faccia «una questione di partito o di governo», ma la scarsa attenzione mostrata da gran parte dei partiti è una questione ineludibile. Per questo, «la manifestazione non dovrà in alcun modo avere connotati politici». La pensa allo stesso modo il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia: «Il tema della pace non è stato affrontato in modo serio da nessun partito politico, meno che mai in questa campagna elettorale – sostiene Manfredonia -. Ma a breve ci sarà un nuovo governo, a cui porteremo le nostre preoccupazioni. Anche per questo è importante manifestare». Il presidente delle associazioni cattoliche si dice «stupito che l’unico leader mondiale a parlare di pace sia il Papa». Mentre sull’altro fronte, «si va verso un’escalation, si parla di bombe nucleari tattiche, ma la diplomazia sembra ferma». Ecco perché, dice Manfredonia, «è il momento di scendere in piazza e di indignarsi, non per mettere i bastoni tra le ruote all’Europa o al governo, ma per far valere le ragioni della diplomazia. Se a marzo chi chiedeva la pace veniva considerato un putiniano, ora è tempo di uscire da questo stereotipo». Le Acli riconoscono quindi «il diritto e la necessità del popolo ucraino di difendersi dall’invasione russa, ma l’unica risposta alla guerra – aggiunge Manfredonia – non può essere quella delle armi. Noi ora abbiamo mandato tre ambulanze. Ecco, come associazioni cattoliche, avremmo gradito che l’aiuto dell’Italia a Kiev fosse più logistico che militare».
Su questi presupposti, si sta mobilitando la società civile. Già a fine mese, il 23 e 24 ottobre, annuncia Lorenzi, «organizzeremo con la “Rete per la pace e il disarmo” un’iniziativa diffusa in alcune città italiane, da cui nascerà una piattaforma che sarà, a questo punto, propedeutica alla grande manifestazione nazionale di Roma». L’obiettivo resta quello di «aggregare tutte le forze della società civile e che coinvolga anche persone che hanno votato a destra o a sinistra, purché siano sensibili al tema». L’unico cruccio, conclude Lorenzi, è di «non aver pensato prima all’organizzazione di questa manifestazione. È un ritardo di cui mi sento responsabile. Abbiamo fatto troppo poco, finora, per la pace». Musica per le orecchie di Conte, sempre più a suo agio nella casa in cui un tempo regnava il Pd. —
