
Flavia Amabile
inviata a Melito (Napoli)
C’è una cittadina dove il reddito di cittadinanza si fa beffe della campagna elettorale e rovescia pregiudizi e luoghi comuni. È Melito, comune governato da una coalizione di centrodestra dove i Cinque Stelle non hanno alcuna voce nell’amministrazione quotidiana ma il contestatissimo reddito è diventato motivo di orgoglio della giunta e fonte di serio imbarazzo per Fratelli d’Italia.
Per arrivarci bisogna attraversare l’hinterland napoletano, un’indistinta colata di cemento, una lunga scia di palazzi dove i comuni si susseguono senza confini, senza nemmeno pannelli stradali a indicare un inizio o una fine. Melito la riconosci subito perché soltanto nelle sue strade si incontrano persone con una pettorina arancione, ramazze e grandi pale in metallo per raccogliere i rifiuti.
«Sono i percettori», spiega il sindaco Luciano Mottola, 38 anni, con orgoglio. Prima come vicesindaco, poi da meno di un anno come sindaco, ha puntato molto sulla misura simbolo della lotta alla povertà targata Cinque Stelle. È andata a finire che, anche se da queste parti hanno sempre votato per la destra, sono la patria del reddito di cittadinanza. Ci vivono 38 mila abitanti, 2200 famiglie di percettori di reddito di cittadinanza, pari a circa 8 mila persone, più di un melitese su 5. È uno dei comuni dove il tasso di percettori è fra i più alti d’Italia ma anche quello dei lavoratori, in 150 sono impiegati in progetti utili, ogni mattina escono e vanno a guadagnare il denaro che a fine mese viene accreditato sulla tessera fornita dallo Stato. C’è chi si occupa della sorveglianza davanti alle scuole, chi pulisce le strade, chi tiene in ordine il verde pubblico.
«Sono 150 persone che non lavorano in nero, non vanno a rubare, hanno la possibilità di vivere in modo onesto. Chi invece non risponde alla chiamata del Comune, o mostra di non voler aderire al progetto, viene segnalato e perde l’aiuto economico dello Stato. A otto famiglie è stato revocato». Il sindaco ne è fiero e altrettanto dovrebbe essere Cosimo Amente, l’assessore alle Politiche Sociali di Fratelli d’Italia che ha la delega sulla materia e ha gestito l’intera operazione. Invece lui si nega. Da fine agosto, quando la campagna elettorale di Giorgia Meloni ha iniziato a riempirsi di proclami perentori sulla necessità di cancellare il reddito di cittadinanza, si è eclissato. Non risponde al telefono né ai messaggi. «È imbarazzato», ammette il sindaco. Ma l’imbarazzo potrebbe costare caro al centrodestra da queste parti.
Il comune di Melito è un palazzo di tre piani, un’ala intera è dedicata agli uffici del reddito di cittadinanza. Ci sono le stanze dove avvengono i colloqui con chi ha presentato la richiesta, quelle degli psicologi per ascoltare domande ed esigenze particolari, quelle degli amministrativi addetti allo smistamento della parte burocratica della procedura. È terminato a luglio il progetto di rifacimento della villa comunale. «Era un centro di delinquenza, ora è un luogo ripulito, tinteggiato, utilizzeremo delle vedette per evitare che venga vandalizzato», spiega Luciano Mottola. Dopo la pausa estiva il lavoro è ripreso a pieno ritmo per avviare la nuova stagione di attività per la cittadina.
Al primo piano del comune in un’ampia sala a emiciclo è in corso una riunione con una ventina di percettori. Tre addette del comune li hanno convocati per parlare del progetto che partirà la prossima settimana con l’inizio delle scuole. Il sindaco ha fatto montare delle sbarre che si alzeranno e si abbasseranno in modo da creare una zona pedonale sicura ed evitare problemi quando i genitori vanno a prendere o accompagnano i figli. I percettori di reddito dovranno controllare che nessun’auto violi l’area e che l’ingresso e l’uscita avvenga senza problemi. Su un tavolo è pronto il completo che ognuno dovrà indossare, pettorina arancione, tesserino con nome, cognome e fotografia. A metà riunione arriva anche il sindaco per fare un breve discorso e ricordare a tutti di essere orgogliosi del compito che svolgeranno per la comunità. Loro annuiscono, convinti. Poi, però, quando si accenna alla possibilità che il prossimo governo cancelli il reddito di cittadinanza, esplodono in un coro di protesta. «Sarebbe una catastrofe!». Uno chiarisce ancora meglio il sentimento generale: «Teniamo paura». «Abbiamo le bollette da pagare, ogni giorno dobbiamo mettere un piatto in tavola per i nostri figli. Chiediamo solo di lavorare».
Fuori dal comune, lontano dai microfoni, i percettori si esprimono in modo ancora più netto. «Io tengo due figlie, una di 11 anni e una di 8. Ho più di 50 anni, mi sono sempre arrangiato facendo trasporti, andando a pulire le scale dei condomini. Il reddito mi ha permesso di avere un lavoro alla luce del sole. Se lo cancellassero dovrei tornare ad arrangiarmi. Io voto Conte», dice Emilio. «Io sono pizzaiolo, gli ultimi che mi hanno offerto un lavoro mi davano poche centinaia di euro e mi tenevano tutto il giorno tra il banco e il forno. Io come faccio campare i miei tre figli con 4-500 euro e una pigione da pagare? Il reddito di cittadinanza mi ha dato un po’ di respiro. Se lo tolgono dovrei arrangiarmi con quello che capita. Io voto Conte», sostiene Enzo. Arrangiarsi da queste parti vuol dire lavorare in nero, ritornare clandestini.
La paura di persone come Emilio e Enzo vale molti voti. Sono tre milioni e mezzo le persone che hanno avuto almeno un mese di reddito di cittadinanza nei primi sei mesi del 2022 secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Inps, più di un quarto solo in Campania.
A metà mattinata nel cortile del Comune appare anche Cosimo Amente, l’assessore che si nega. Nemmeno dal vivo pronuncia le parole che agitano i sonni dei cittadini di Melito ma anche i suoi, probabilmente. «Ne parliamo dopo», è tutto quello che riesce a dire. Non si capisce se dopo le elezioni o dopo qualcos’altro. È già svanito di nuovo, fuggito. Come i voti che in questo comune dalla destra rischiano di andare altrove. —
